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editoriale

Una scelta strategica per il sistema Sardegna

Energia: emergenza del terzo millennio

Un Piano per il rilancio produttivo

Un cappio al collo per le industrie del Sulcis

Un ruolo strategico per metano e carbone

Le reti di distribuzione del gas

Sintesi del Piano energetico regionale

Sardegna, isola digitale

Per il turismo un modello di qualità

Latte Arborea
 

Sintesi del Piano energetico regionale

 

SINTESI DEL PIANO ENERGETICO REGIONALE

 

Le linee di indirizzo alla base dei Progetto di Piano energetico individuano i seguenti elementi fondamentali per la pianificazione energetica regionale:

1. l’utilizzo delle risorse fossili indigene;

2. la diversificazione delle fonti di energia;

3. lo sviluppo razionale ed il potenziamento dei sistema elettrico;

4. l’attuazione dei programma di metanizzazione;

5. la partecipazione del sistema energetico regionale al libero mercato dell’energia elettrica;

6. la partecipazione del sistema energetico regionale al libero mercato del gas combustibile;

7. lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili;

8. l’uso razionale dell’energia e il risparmio energetico;

9. la tutela dell’ambiente e l’applicazione del Protocollo di Kyoto.

Partendo da una accurata analisi dei sistema energetico della Sardegna basata sui dati ufficiali dell’Enea, del Grtn, dell’Istat, nel quadro della pianificazione energetica nazionale ed europea, alla luce delle evoluzioni in atto nel settore, il documento propone una gamma di scenari di sviluppo del sistema elettrico e, più in generale, del Sistema energetico della Sardegna. Questi scenari tengono conto delle condizioni di partenza e delle attività già programmate ed in corso di realizzazione, delle diverse implicazioni conseguenti alle scelte proposte e delle problematiche peculiari della Sardegna, rappresentate nelle sedute dei Forum per l’energia dalle parti sociali qualificate.

Le scelte proposte nei diversi scenari tengono conto delle peculiarità che caratterizzano la Sardegna, soprattutto della sua condizione di insularità geografica, delle caratteristiche ambientali, ma anche della nuova condizione che si avrà dopo il 2005 per il potenziamento del cavo elettrico Sa-I da 1.000 MW di potenza.

Poiché qualunque scenario di sviluppo si voglia ipotizzare è vincolato alle condizioni attuali del sistema energetico della Sardegna, giova riassumerne i dati principali:

– pressoché totale dipendenza energetica dall’esterno (Sardegna 98%, Italia 80%, Ue 50%), nonostante una piccola produzione di carbone indigeno;

– poca diversificazione delle fonti di energia primaria, per la mancanza del gas naturale e lo scarso utilizzo delle fonti rinnovabili, con una dipendenza dal petrolio del 94% (Italia circa 55%, Ue 44%), da combustibili solidi del 4% (Italia 7%, Ue 16%) e dall’energia elettrica primaria per il 3% (Italia 12%, Ue 18%);

– la generazione di energia elettrica è data dagli impianti termoelettrici per circa il 98%, ancora per il contributo marginale delle fonti rinnovabili, con un’incidenza dei prodotti petroliferi dell’88% (Italia 36%) e dei combustibili solidi dei 10% (Italia 12%);

– gli usi finali energetici, energia elettrica + termica, presentano un’incidenza dell’energia elettrica del 24% (Italia 18%) e una incidenza dei prodotti petroliferi per le utenze termiche di circa il 76% (Italia 47%), causa la mancanza del Gpl o del gas naturale (in Italia il metano copre il 30% degli usi finali);

– l’industria di base è costituita dalle industrie metallurgiche e di raffinazione, che sono caratterizzate da elevata intensità energetica, perciò il settore industriale in Sardegna impegna il 41% (Italia 31%), mentre il settore civile impegna in Sardegna il 17% (Italia 33%) sia per motivi climatici, sia perché molte abitazioni non hanno l’impianto di riscaldamento. La presenza dell’industria petrolchimica di base causa una maggiore quota di impiego dell’energia primaria per usi non energetici nell’industria in Sardegna fino al 13%, rispetto a circa il 4% dell’Italia;

– risultato della situazione descritta è una bassa efficienza energetico/economica del sistema‑Sardegna;

– l’abbandono del progetto della gassificazione del carbone Sulcis da parte di Ati Sulcis e il mancato arrivo del metano, strutture per cui il progetto di piano energetico del 1998 prevedeva l’avvio per il 2003, hanno concorso a congelare lo stato dei sistema energetico della Sardegna pressoché nelle condizioni strutturali del 1996/98.

Queste caratteristiche strutturali comportano diverse conseguenze negative per il sistema energetico/economico della Sardegna, come di seguito elencato:

1) La mancanza di diversificazione delle fonti primarie di energia è causa di instabilità e vulnerabilità economica del sistema energetico regionale. Ciò deriva dal non avere ancora realizzato la struttura di approvvigionamento di gas naturale, dal piccolo ruolo assegnato al carbone nella generazione elettrica, daIl’insufficiente impegno nello sfruttamento delle fonti rinnovabili, in particolare dell’energia eolica, già da tempo tecnologia matura.

2) La mancanza del gas naturale determina un maggior ricorso, rispetto all’Italia, ai prodotti petroliferi ed all’energia elettrica anche per le utenze termiche come il riscaldamento degli ambienti e dell’acqua; da ciò deriva un maggior consumo a causa dei bassi valori dei rendimenti di conversione, con un maggior costo unitario dell’energia ed un maggior impatto ambientale.

3)  Per migliorare l’efficienza energetico/economica del sistema produttivo, non potendo intervenire con lo strumento di un piano energetico sulla struttura industriale di base ad alta intensità di energia elettrica, l’unica possibilità che si ha nel settore industriale sta nell’utilizzare le tecnologie di produzione di energia elettrica ad altissimo rendimento (dal 55% al 60%), cosa oggi possibile nella penisola grazie alle centrali a “gas naturale a ciclo combinato” (Ngcc); cosa ancora impossibile in Sardegna.

È quindi necessario un riequilibrio della miscela di energia primaria, che potrà essere realizzato in maniera efficace solo attraverso la metanizzazione, oltrechè con un più consistente sfruttamento delle risorse energetiche fossili e rinnovabili.

 

Quadro normativo di riferimento

Nel sopra esposto quadro dello stato attuale intervengono due eventi nuovi capaci di indurre significativi sviluppi e possibili cambiamenti:

– la liberalizzazione del mercato elettrico con il decreto legislativo n.79/1999;

– la liberalizzazione del mercato del gas combustibile con la legge n.164/2000.

Altri fatti importanti per il Piano energetico regionale aggiornato al 2002 sono:

a) la decisione della Ue di inserire la Sardegna nelle Reti transeuropee dell’energia (Guce 25/6/ 2002);

b) la deliberazione Cipe del 21 dicembre 2001 relativa al potenziamento del cavo Sa‑I (Sardegna-Italia) di connessione della Sardegna alla rete elettrica europea;

c) l’approvazione del Protocollo di Kyoto con legge n.120/2000 e la deliberazione Cipe del 20/12/2002 con l’approvazione del “Piano di azione nazionale” per il controllo delle emissioni nocive;

d) l’inserimento nel decreto n. 273 del 12/12/2002 del gasdotto Algeria‑Sardegna-Italia‑Francia (Capo IV art. 27) e all’art. 35 delle condizioni per l’accesso al mercato elettrico europeo per le industrie strategiche della Sardegna.

Tenuto conto di questo nuovo quadro normativo, vengono studiati i diversi settori di maggiore importanza per la pianificazione energetica e vengono date le indicazioni per l’Uso razionale dell’energia (Ure) per ciascun settore. Ma in questa sintesi conviene dare spazio soprattutto agli Scenari di sviluppo proposti per il sottosistema elettrico, con particolare riguardo al comparto della “generazione elettrica” che coinvolge le scelte fondamentali per il ruolo da assegnare alle diverse fonti primarie di energia.

 

La struttura dei Sistema elettrico della Sardegna

Il parco di generazione dell’energia elettrica della Sardegna nominalmente è costituito da un sistema di generazione caratterizzato da una potenza lorda di 3.203,9 MW; concorrono a costituire tale potenza 2.647,7 MW provenienti da impianti di generazione termoelettrici, 436.5 MW provenienti da impianti idroelettrici, 15 MW provenienti da impianti a biomassa e rifiuti solidi urbani, 102 MW provenienti da impianti eolici e 0.7 MW fotovoltaici. Oltre alla potenza messa a disposizione dalle centrali situate nell’estensione del territorio della Sardegna, è resa disponibile una ulteriore potenza di 250 MW grazie all’elettrodotto Sacoi di interconnessione, via Corsica, con la rete elettrica della Penisola.

Si deve sottolineare l’urgenza della sostituzione dei gruppi turbogas obsoleti di Codrongianus con altri di nuova concezione ed affidabilità, in quanto devono svolgere il ruolo fondamentale di riserva di pronto intervento in caso di “blak‑out” della rete sarda, oggi affidato soltanto all’impianto idroelettrico reversibile del Taloro ed alla Centrale turbogas di Assemini.

 

 

PROPOSTE METODOLOGICHE E DI STRATEGIA PER IL SISTEMA ENERGETICO COMPLESSIVO

 

Sulla base dell’analisi dello stato del sistema energetico all’anno 2002, emerge la condizione di “isolamento energetico” della Sardegna.

Si potrebbe pensare che questa sia una condizione “utile” per poter dimostrare come le tecnologie moderne possano rendere energeticamente autonoma (quasi “autarchica”) la Sardegna. Ma si è sperimentato che nell’economia moderna è quasi impossibile raggiungere condizioni vantaggiose nell’isolamento; le condizioni fisiche di massima possibilità di scambi materiali sono necessarie per lo sviluppo.

Una Sardegna isolata energeticamente, ancorata o al mito antico autarchico del carbone indigeno, o al moderno mito autarchico delle fonti di energia rinnovabili, non può raggiungere condizioni di sviluppo vantaggiose.

L’energia è una delle più preziose merci di scambio economico, nell’isolamento neppure le tecnologie energetiche possono svilupparsi in un continuo rinnovamento. Basti considerare che le fonti rinnovabili, come l’energia del vento, sono imprevedibili; pertanto esse possono costituire una fonte di energia ma difficilmente una fonte di potenza disponibile all’istante in cui l’utenza ha necessità. Questo stato fisico porta in un piccolo sistema energeticamente isolato al cattivo uso dell’energia, a ridondanza di potenza di riserva, ad una “guerra tra le diverse fonti” o tra i diversi produttori di energia elettrica: quando la potenza eolica è eccessiva rispetto alla domanda dell’utenza o la si spreca o si devono spegnere i gruppi termoelettrici a carbone o a petrolio. Per evitare questi effetti negativi si deve accumulare l’energia “imprevedibile” in eccesso; questo aumenta le strutture del sistema, i costi, e diminuisce il rendimento della catena energetica.

Soltanto una rottura dell’isolamento energetico, come è illustrato nello schema funzionale del “nuovo sistema energetico della Sardegna”, può consentire un’autonomia energetico‑economica nell’interscambio dell’energia indigena con l’Europa; può consentire di stare al passo o all’avanguardia nelle moderne tecnologie energetiche. Cosa sarebbe della Sardegna senza le tecnologie consentite dal metano? La connessione della Sardegna con le reti transeuropee dell’energia elettrica e del gas naturale è condizione fondamentale per lo sviluppo.

 

La Sardegna da “Isola energetica” alla connessione con le reti europee

Nel quadro dell’ampio tessuto delle reti europee dell’energia, la Sardegna fino ad oggi è una “Isola energetica”. Se non si pensa ad una strategia che preveda la modifica di questo stato fisico di isolamento, il Piano energetico non potrà proporre significativi cambiamenti rispetto al passato. Infatti, dai dati rilevati emerge che il Bilancio di energia dal 1996 al 2000 non presenta significativi cambiamenti.

 

Lo sviluppo del Sistema energetico regionale

L’analisi del bilancio di energia con i dati del 1999‑2000 conduce agli stessi risultati e indici riportati per l’anno 1995‑1996 nello studio per il Piano energetico del 1998. Durante quattro anni, in sostanza, non si sono verificati cambiamenti significativi del sistema energetico della Sardegna; emerge chiaramente che l’isolamento energetico e la struttura industriale dominata dal polo petrolchimico e da quello metallurgico hanno finora avuto la conseguenza di non favorire alcun significativo cambiamento nel sistema energetico ed industriale della Sardegna.

Non solo il settore dell’energia elettrica dipende fortemente dal petrolio, ed in misura limitata dal carbone, ma anche tutte le utenze termiche civili ed industriali dipendono totalmente dal petrolio. L’indice di energia elettrica pro capite o per unità di prodotto è molto più alto del valore medio dell’Italia.

Nell’ipotesi che permangano queste condizioni strutturali di fondo, ogni azione di pianificazione, tesa a stimolare innovazione tecnologica e sviluppo, sarebbe vana: un mero “esercizio accademico”. Se si tiene conto invece che la nuova strategia economica dell’Europa è imperniata sull’avvio dei “libero mercato dell’energia elettrica e del gas combustibile”, con l’impegno esplicito nelle direttive europee sulle Reti transeuropee dell’energia (Rte-e) di coinvolgere in pieno nel libero mercato le regioni periferiche ed insulari, nasce l’opportunità concreta di rompere l’isolamento energetico della Sardegna con la costruzione di una connessione elettrica di grande potenza con la rete europea, con la costruzione di un gasdotto dal Nord Africa o con i terminali a Gnl.

Finalmente si presenta all’orizzonte della Sardegna la possibilità di programmare una rivoluzione del “ Sistema energetico regionale”, presupposto essenziale per innescare lo sviluppo dell’innovazione tecnologica ed industriale e migliorare le condizioni di benessere ed economiche anche del settore civile.

L’Unione europea, con le decisioni del Consiglio e del Parlamento, propone un’azione strategica di potenziamento delle Reti transeuropee dell’energia, anche con lo scopo di rompere l’isolamento delle regioni periferiche ed insulari.

In applicazione di questa strategia, il documento contenuto nella Gazzetta ufficiale della Ce del 25 giugno 2002, nell’allegato III prevede la nuova connessione con un cavo sottomarino della Sardegna con l’Italia continentale; è anche previsto il progetto  del gasdotto Algeria­-Sarde­gna‑Cor­si­ca‑Italia, tra quelli di interesse comune.

Nel quadro di questo piano strategico internazionale, la Sardegna può inserirsi a pieno nel tessuto delle Reti energetiche transeuropee, rivendicando l’urgenza che in tempi brevi l’Ue e l’Italia dotino la Sardegna dei sistemi di approvvigionamento del gas naturale e della connessione elettrica con il cavo sottomarino di grande potenza.

Queste connessioni della Sardegna con il sistema energetico europeo sono riconosciute dalle decisioni della Ue e dalle leggi nazionali come necessarie, perché la Sardegna partecipi a pieno diritto al libero mercato del gas e dell’elettricità. Nel contempo però queste connessioni, una volta realizzate, pongono alla Sardegna il dovere di contribuire in modo attivo e produttivo al bilancio energetico dell’Italia e dell’Europa.

È importante ancora osservare che, mentre il cavo Sa-I da 1.000 MW entrerà in funzione nel dicembre del 2005, essendo stato inserito nella deliberazione Cipe relativa alla “legge obiettivo” n.443/2001, il gasdotto non arriverà in Sardegna prima dei 2010, pur essendo stato inserito nella legge n. 273 dei 12 dicembre 2002. Pertanto, se la Sardegna intendesse perseguire l’azione strategica di rompere al più presto l’isolamento energetico, dovrebbe decidere di adottare la tecnologia dei terminali a gas naturale liquido (Gnl) con rigassificazione, per poter anticipare all’anno 2006 l’arrivo del metano in Sardegna.

Questa azione non è in contrasto con l’auspicata realizzazione del gasdotto dall’Algeria, anzi è un sistema che collaborerà con esso; infatti i terminali a Gnl sono inclusi nell’Allegato III della citata Decisione europea sulle Reti transeuropee dell’energia e sono considerati fattori di stabilità e di riduzione dei costi per la Ue.

 

Strategia di sviluppo dei Sistema energetico regionale

Se si suppone di adottare le decisioni strategiche che possano portare la Sardegna ad essere alimentata dal metano al 2005/2006 con il sistema a gas naturale liquefatto (Gnl) e connessa con la rete elettrica europea (cavo Sa‑I da 1.000 MW), le nuove prospettive di sviluppo dei sistema energetico ed industriale della Sardegna diventano interessanti.

Analizziamo alcuni aspetti della nuova posizione della Sardegna non più  “isola energetica”, ma interconnessa con le Rte-e.

In particolare, la connessione elettrica Sa‑I da 1.000 MW, i cui costi di installazione sono addebitati agli utenti, per essere ammortizzata deve essere utilizzata a pieno; inoltre, perché l’operazione sia vantaggiosa per l’economia della Sardegna, deve essere utilizzata per esportare in Europa energia elettrica prodotta dal sistema di generazione sardo.

Il cavo sottomarino consentirà alla Sardegna una possibilità di esportazione dell’ordine di 8.000 GWh/a, pari a circa l’80% dell’attuale domanda elettrica interna.

Se questa potenzialità fosse usata solo per l’emergenza o per importare qualche migliaio di GWh dall’Europa in concorrenza con i produttori locali, il cavo da 1.000 MW costituirebbe una condizione svantaggiosa per l’economia della Sardegna ed una limitazione all’impiego delle fonti energetiche indigene.

È evidente che, perché l’investimento del cavo Sa‑I produca un vantaggio economico, è necessario che esso venga utilizzato per esportare energia elettrica in quantità significative.

Questa operazione energetico‑economica comporta un fondamentale e forse radicale cambiamento: non si è più obbligati a pianificare il sistema di generazione elettrica della Sardegna con il solo obiettivo di soddisfare la domanda interna prevedibile per il 2006 o per il 2012.

Si può, anzi si deve, pianificare pensando di produrre una quantità di energia elettrica pari alla somma della domanda interna di 12.000 GWh/a e della capacità di esportazione dei cavo Sa‑I di 8000 GWh/a; con una produzione totale del sistema elettrico sardo di 20.000 GWh/a, ci sarebbe spazio per molti produttori e per le diverse fonti di energia.

Ma ricordiamo che qualunque prospettiva di sviluppo dei sistema energetico della Sardegna deve adottare azioni specifiche volte a contribuire al perseguimento dello “sviluppo sostenibile”, almeno per quei parametri ambientali prescritti dal Protocollo di Kyoto (legge nazionale n. 120/2002 – deliberazione del Cipe 20 dicembre 2002) e per le limitazioni imposte alle emissioni acidificanti nell’area del Sulcis ad alto rischio ambientale (decreto 28 gennaio 1994).

È ora importante verificare:

a) se esistano le condizioni fisiche di disponibilità di energia primaria per produrre 20.000 o 24.000 GWh/anno;

b) se esistano le condizioni economiche dei costi di produzione e trasporto perché questa attività di produzione per esportare sia proponibile.

Le fonti di energia primaria di cui la Sardegna potrà disporre, una volta che nel 2006 entrerà in azione il cavo di connessione da 1.000 MW, sono in grado di alimentare una produzione elettrica superiore a 20.000 GWh/a, purché sin dal 2003 sia pianificato l’impiego in modo sinergico delle diverse fonti primarie:

– le fonti di energia rinnovabile (Fer): eolica e solare soprattutto;

– il carbone Sulcis ed il carbone di importazione;

– i prodotti petroliferi di importazione ed i residui interni di raffinazione;

– il gas del gasdotto dall’Algeria verso il 2010.

Qualora l’arrivo del gasdotto dovesse ritardare, si potrà eventualmente adottare il sistema a gas naturale liquefatto con rigassificazione.

Una adeguata miscela di queste fonti primarie basata su un giusto equilibrio che soddisfi le condizioni minime di compatibilità ambientale secondo il Protocollo di Kyoto, facendo ricorso alle moderne tecnologie delle Fer e delle centrali termoelettriche a gas naturale a ciclo combinato (Ngcc), può consentire una riduzione sia dei costi di produzione che delle emissioni nocive.

Resta da verificare se il costo di trasporto per l’esportazione dell’energia elettrica in Italia e in Europa possa costituire un elemento di svantaggio, come spesso accade per i prodotti convenzionali che la Sardegna esporta.

La risposta è data dalle deliberazioni dei Gestori delle reti europee, che hanno fissato il costo di 0,50 Euro per ogni MW/h trasportato (circa 1 lira/kWh), ovvero un cinquantesimo del costo medio di produzione dell’energia elettrica per il suo vettoriamento a qualunque distanza in Europa.

 

La Sardegna come “Piattaforma energetica del Mediterraneo”

Sull’analisi sopra esposta si fonda la proposta di una scelta strategica adottabile nel 2003 per pianificare lo sviluppo del sistema energetico della Sardegna: pensare I’isola come “Piattaforma energetica del Mediterraneo”, che si candida ad essere punto di snodo non solo per il passaggio del gasdotto Algeria‑Italia, ma anche, in una prospettiva futura, area di approvvigionamento di gas naturale liquido da immettere nel gasdotto italiano, e soprattutto area di produzione di energia elettrica per l’esportazione, energia ad elevata qualità con l’importante contributo delle fonti rinnovabili.

Il limite che nel recente passato poneva, ed ancor oggi pone, la domanda elettrica interna al comparto di generazione elettrica, ha avuto la conseguenza di relegare ad un ruolo marginale quelle fonti di energia diverse dal carbone e dai residui di raffinazione, lasciando un certo ruolo ai prodotti petroliferi. Questo risulta chiaro se, a titolo di esempio, facciamo un sintetico bilancio: se dai catrami della raffinazione si producono 3.500 GWh; se dal previsto gassificatore del Sulcis si contava di produrre almeno 3.000 GWh; se dalle centrali Enel alimentate a carbone Sulcis misto si prevede una produzione non inferiore a 3.500 GWh, lasciando un certo spazio alle centrali Endesa, si vede che si è vicini al tetto di 11.000 Gw/h della domanda interna, per cui resterebbe per gli impianti a olio combustibile una producibilità limitata dalla capacità dei cavo Sacoi per una eventuale esportazione.

Se il sistema elettrico rimanesse limitato a soddisfare la domanda interna, l’uso del tar della raffinazione protetto dal meccanismo Cip 6/92 fino al 2009 e l’uso previsto del carbone Sulcis al valore di un milione di tonnellate all’anno, miscelato con carbone estero per via dei contenuto di zolfo, protetto anch’esso con il meccanismo Cip 6/92, ridurrebbero la flessibilità e l’innovazione tecnologica nel comparto della generazione elettrica.

Se dunque la pianificazione della generazione elettrica restasse ancorata alla copertura della domanda interna, verrebbe compresso lo sviluppo delle fonti rinnovabili ed in futuro anche il metano non verrebbe usato con le tecnologie ad alta efficienza Ngcc.

Se tutto ciò poteva essere giustificato nel passato, non appare più oggi opportuno, da quando la decisione di costruire il cavo da 1.000 MW è stata assunta, e da quando l’avvio del libero mercato elettrico ci mette nella condizione di poter e dover usare tale cavo per esportare energia elettrica, piuttosto che subirne l’importazione.

Non deve dunque apparire velleitaria la proposta di assumere la decisione strategica di fare della Sardegna la “piattaforma energetica dei Mediterraneo”, ma piuttosto come una liberazione dal vincolo della domanda interna, che si concretizzerà nel 2005 dall’avvio del cavo da 1.000 MW. In tal modo, ci sarà lo spazio di produzione per tutte le fonti di energia e per tutti i produttori, dal carbone Sulcis all’energia eolica ed al metano. Rimane un nodo da sciogliere, quello della competitività: bisogna cioè che i nuovi produttori riescano a rendere efficiente l’intero comparto produttivo della Sardegna, anche ricorrendo all’autoproduzione, per abbattere i costi di produzione per il comparto metallurgico, per poter esportare con profitto l’energia elettrica in eccesso.

L’ opzione strategica “Sardegna piattaforma energetica del Medìterraneo” non include anche l’opzione di anticipare al 2006 l’arrivo del metano con il sistema Gnl; tale proposta ha solo lo scopo di informare che, in attesa dell’arrivo del gasdotto dall’Algeria per il 2010, l’imprenditoria sarda potrebbe anche sperimentare in anticipo i benefici dello sviluppo delle nuove tecnologie ad alto rendimento, basate sull’impiego del metano, tecnologie già in espansione in Europa ed Italia: dagli impianti a gas naturale a ciclo combinato gas‑vapore alle celle a combustibile.

Altri elementi contribuiscono a consigliare di non trascurare negli scenari l’ipotesi del sistema a Gnl in attesa dell’arrivo dei gasdotto dall’Algeria, soprattutto se questo evento dovesse tardare più dei previsto:

a) Qualità dell’energia elettrica. Poiché la qualità dell’energia elettrica esportata fa gravare le emissioni di anidride carbonica sull’acquirente (in base al Dpr n. 79/99 ed al protocollo di Kyoto), è evidente che acquista un significato economico il valore medio della produzione di emissioni nocive legate al kWh vendibile. Pertanto, tra i diversi scenari di sviluppo del sistema energetico della Sardegna è opportuno privilegiare quelli basati su una miscela di fonti primarie che tengano conto di un significativo contributo del metano e delle fonti rinnovabili per equilibrare le emissioni inquinanti dovute ad un uso consistente del carbone.

b) Non si deve pensare solo al costo dell’energia elettrica per la grande industria, ma anche al costo per le utenze civili. Ottenere la disponibilità del metano al più presto è anche importante per le utenze termiche del settori industriale, residenziale e terziario; infatti, il metano è preferibile al Gpl per motivi di sicurezza e perché consente un risparmio dell’ordine del 18 % rispetto al Gpl, risparmio che per il numero complessivo delle utenze ammonta ad un valore significativo a beneficio dell’economia della Sardegna.

 

Definizione degli scenari strategici per il sistema energetico complessivo

Nonostante sia stata analizzata e presentata come opportuna e conveniente la scelta strategica di concepire la Sardegna come “Piattaforma energetica del Mediterraneo”, è senza dubbio anche possibile adottare una scelta strategica di tipo convenzionale, che privilegi la produzione per soddisfare la domanda interna, almeno entro il medio termine del 2012, pur con le limitazioni sopra indicate.

Poiché la scelta tra queste due “opzioni per il futuro”, o scenari strategici, compete alla classe politica e di governo, il Progetto di Piano energetico prende in considerazione entrambe le opzioni. È utile qui di seguito puntualizzare meglio i contenuti e le implicazioni di queste due opzioni strategiche.

Con riferimento al sistema energetico complessivo della Sardegna, cioè all’insieme del sotto‑sistema elettrico e del sotto‑sistema dei combustibili impiegati anch’essi in tutti i settori (civile, industriale, trasporti), si ritiene utile per chiarezza schematizzare la definizione dei due seguenti scenari strategici:

– lo Scenario strategico A, che assume la scelta di far della Sardegna una “piattaforma energetica dei Mediterraneo”, privilegiando tutte le fonti di energia endogene (carbone Sulcis, fonti rinnovabili, residui di raffineria). Questo scenario prevede che il sistema elettrico regionale sia pronto ad esportare già nel 2006 (esercizio del Sa‑I); perciò, tenendo conto che le nuove centrali a carbone, pur decise nel 2003, non potranno entrare in funzione prima del 2008, è coerente una eventuale decisione di anticipare l’arrivo del metano con il sistema del Gnl. Di questa possibilità si tiene conto negli scenari settoriali del comparto di generazione. In questo scenario strategico, le utenze termiche civili ed industriali alimentate finora da combustibili fossili saranno alimentate dalle reti a Gpl fino all’arrivo dei metano;

– lo Scenario strategico B assume come finalità principale di dare al sistema energetico regionale la capacità di assolvere al fabbisogno della domanda interna. Questo scenario, che come quello A privilegia le fonti endogene, non esclude esplicitamente l’esportazione dì energia elettrica dopo il 2005 (esercizio del cavo Sa-­I), se ciò concorre a raggiungere l’obiettivo della produzione di un milione di ton/anno di carbone Sulcis. In questo Scenario strategico B, le utenze termiche civili ed industriali saranno alimentate a Gpl e così resteranno fino all’arrivo del metano dall’Algeria intorno al 2010. Non essendo alla base di questo scenario l’impegno a produrre energia elettrica per esportare, probabilmente non sì svilupperanno stimoli per la costruzione di nuove centrali a metano ad alta efficenza, né forse per un forte utilizzo delle fonti rinnovabili.

 

Definizione degli scenari settoriali per il sistema energetico regionale

Gli scenari strategici vertono sul medio e lungo periodo ed hanno lo scopo di delineare un quadro di scelte ed azioni principali riferite al sistema energetico complessivo ed alle sue finalità; dentro questo quadro, per ogni sottosistema energetico (elettrico, combustibili) e per ogni settore energetico (civile, industriale, trasporti) si delineano scenari settoriali finalizzati a contribuire alle finalità dello scenario strategico.

Infatti, nei diversi capitoli del Piano sono proposti scenari di settore per il sottosistema dei combustibili, nel settore civile, in quello dei trasporti etc.; ulteriori scenari sono elaborati per il sottosistema elettrico nei diversi settori degli usi finali. Ad esempio, viene analizzata la struttura del sistema del gas combustibile, mettendo in evidenza la potenzialità della rete del gas sin da ora con il Gpl ed in futuro con il gas naturale. Lo scenario del settore residenziale propone una forte crescita degli impianti di riscaldamento delle abitazioni tuttora sprovviste ed un programma di eliminazione degli scaldacqua elettrici. Azioni analoghe di uso razionale dell’energia sono previste nel settore terziario, con la sostituzione delle macchine frigorifere elettriche con le macchine a cogenerazione. Per il settore trasporti si propone una penetrazione del Gpl nell’autotrazione nel breve periodo, una piccola penetrazione dell’idrogeno con le celle a combustibile nel medio periodo verso il 2012.

Viene anche studiata la possibilità di intervento nel settore industriale: si prevede una benefica penetrazione del Gpl nelle utenze termiche e di cogenerazione; si sollecita il potenziamento delle strutture industriali (porti per il carbone, terminali per il gas liquido).

Ma gli scenari settoriali di maggiore importanza per il legame che hanno con gli Scenari strategici A e B e con le implicazioni del settore industriale, sono gli Scenari di sviluppo per il comparto della generazione elettrica.

 

 

LO SVILUPPO DEL SOTTOSISTEMA ELETTRICO REGIONALE

 

Il sottosistema elettrico è costituito dal “comparto di generazione”, dal “comparto della rete di trasmissione e distribuzione” e dal “comparto delle utenze”.

La previsione di crescita del “comparto delle utenze elettriche” determina la crescita della domanda interna e induce la necessità dello sviluppo della potenza del “comparto di generazione” e, proporzionalmente, il potenziamento della rete di trasmissione e della rete di distribuzione.

In armonia con la ipotesi che venga fatta la scelta dello “Scenario strategico A” della Sardegna piattaforma energetica del Mediterraneo, si considera la capacità produttiva del sottosistema elettrico uguale alla somma della domanda interna più 8.000 GWh esportabili dal Sa‑I. Pertanto, la previsione della produzione non si basa solo sulle due ipotesi di crescita “bassa” e “alta” che sono rappresentate nei diagrammi degli scenari, ma sul fatto che dopo il 2005 la produzione vendibile può essere dell’80% maggiore della domanda interna.

Nei paragrafi che seguono, dopo aver puntualizzato lo stato previsto a breve termine, vengono presentate alcune proposte per lo sviluppo a medio termine, che si configurano come “Scenari settoriali della generazione elettrica”.

 

Ipotesi di sviluppo della domanda interna dell’energia elettrica

Dall’esame dei dati storici si desume la crescita media della domanda interna, pur con significative inversioni di tendenza. Essendo la rete della Sardegna piccola, ad ogni evento di chiusura o di apertura di una grande industria si avverte una notevole variazione (ad esempio, la chiusura dei forni ad induzione delle Ferriere Sarde nel recente passato).

Si osserva che nel 2001 gli usi finali di energia elettrica hanno raggiunto il valore di 11.600 GWh, provenendo da un periodo di crescita dal valore di circa 10.000 GWh del 1998; questo valore medio annuo di crescita di circa il 5% si può giustificare in parte con l’apertura di molti servizi del sub settore terziario (grandi magazzini, alberghi, il Policlinico universitario di Cagliari, gli impianti di condizionamento degli uffici) e in parte con la notevole crescita dei sistemi domestici di climatizzazione a pompa di calore.

Il valore medio annuo di crescita nel decennio è minore; possiamo assumere perciò un tasso dell’ordine del 2,3%, supponendo che l’industria di base non subisca variazioni significative, mentre si può attribuire la crescita della domanda ancora al settore civile (il residenziale più il terziario) e al sistema idrico. Infatti, nel sub settore terziario è cresciuta notevolmente la domanda elettrica, probabilmente trainata dai grandi magazzini e dai cinema multisala (sia per l’illuminazione attiva anche di giorno, sia per gli impianti di climatizzazione con macchine frigorifere ad elettrocompressore). Si ritiene pertanto che, con l’attivazione delle reti del gas (aria propanata e Gpl) nelle città maggiori già dal 2003, molte utenze elettriche non obbligate (scaldacqua elettrici, macchine frigorifere ad elettrocompressore) possano essere convertite a gas; in tal modo si ritiene che la crescita della domanda elettrica del settore civile possa essere attenuata.

In sintesi, si possono configurare tre ipotesi di crescita della domanda:

a) ipotesi di alta crescita dovuta al sub-settore terziario ed al sistema ídrico (pompaggi, depurazione, dissalazione) senza interventi di Ure: tasso dei 2,3%;

b) riduzione della crescita per effetto di azioni di eliminazione degli usi elettrici non obbligati ed azioni di Ure varate dal distributore in base alle deliberazioni dell’Autorità Eeg (scenario 2 del sub-settore residenziale);

c) riduzione ulteriore della curva di crescita se, oltre alle azioni dello scenario 2 del sub-settore residenziale, si adottano azioni di Ure nel sub-settore terziario con l’uso del gas propano negli impianti di condizionamento.

 

Caratteristiche degli impianti termoelettrici allo stato attuale

Tenuto conto della piccola produzione elettrica derivabile dalle fonti rinnovabili finora operanti in Sardegna, consideriamo il sistema di generazione basato sulla tecnologia degli impianti termoelettrici a vapore caratterizzati da rendimenti dell’ordine dei 35-38 %, inferiori ai rendimenti degli impianti a gas a ciclo combinato valutati intorno al 56 %, già funzionanti in Italia grazie alla presenza del metano.

Il sistema regionale termoelettrico si è strutturato principalmente in funzione della disponibilità delle tradizionali fonti energetiche primarie, locali e di importazione: derivati del petrolio e carbone.

Il progetto dell’impianto di gassificazione del carbone Sulcis Igcc da 560 MW, la cui entrata in servizio era prevista per il 2003, è stato per ora abbandonato dall’Ati Sulcis.

L’impianto di gassificazione del “tar” (o catrame) della raffinazione del petrolio di proprietà Sarlux è entrato in funzione nel 2001 con una potenza di 560 MW; nel 2002 ha prodotto circa 3.500 GWh.

L’impianto Sulcis 3 di Enel Produzione, con potenza nominale di 240 MW, ha prodotto nel 2001 circa 1.600 GWh, bruciando circa 300.000 tonnellate di carbone Sulcis e circa 700.000 di carbone a basso tenore di zolfo. Le centrali Ps1 e Ps2 alimentate a olio combustibile, con potenza 2x160 MW, hanno 30 anni di servizio e saranno messe in riserva quando nel 2005 entrerà in funzione la nuova centrale Enel Fbc da 340 MW, che assorbirà 400-450 kt/a di carbone Sulcis misto a carbone a basso tenore di zolfo. L’Enel ha anche l’impianto turbogas di Assemini (2x88 MW), che svolge il ruolo di riserva e contribuisce poco alla produzione di energia elettrica.

Gli impianti dell’Endesa a Fiumesanto sono costituiti da due gruppi 2x320 MW, alimentati a Orimulsion o ad olio combustibile ad alto tenore di zolfo, essendo l’impianto dotato di desolforatori. L’Endesa chiede di poter alimentare questi due gruppi a carbone. L’impianto comprende anche due gruppi 2 x 160 MW ad olio combustibile, che avranno circa 30 anni di esercizio al 2012. Intorno a quella data, questi gruppi potrebbero essere o ripotenziati con un sistema a gas metano a ciclo combinato o sostituiti con una nuova centrale tipo Ngcc ad alto rendimento. L’Endesa nel 2001 ha prodotto circa 3.000 GWh.

Trascurando l’energia prodotta dagli impianti idroelettrici, dagli impianti a biomassa e dagli impianti eolici entrati in esercizio nell’ultimo anno, resta il contributo importante degli impianti termoelettrici degli autoproduttori, pari a circa 1.400 GWh.

 

 

PROPOSTE DELLE POSSIBILI AZIONI DI SVILUPPO DEL COMPARTO DI GENERAZIONE

 

Lo sviluppo a breve termine

Nonostante l’abbandono da parte dell’Ati‑Sulcis del progetto di realizzazione dell’impianto di gassificazione Igcc, rimane sempre di grande importanza per la Sardegna lo sfruttamento di una risorsa locale come il carbone sulcitano. Per di più, il mantenere attiva intorno al valore di minimo economico la miniera ha anche una valenza strategica sia per la Sardegna sia per l’Italia.

La produzione minima economica nelle condizioni degli ultimi anni è stata stimata intorno a 1 milione di tonnellate all’anno (Mt/anno) di carbone lavato.

Tenendo conto delle condizioni internazionali che influenzano i rifornimenti di orimulsion dal Venezuela e delle esigenze tecnico‑economiche presentate da Endesa, si prende in esame in questo periodo l’utilizzazione del carbone a basso tenore di zolfo nella centrale da 2x320 MW di Fiumesanto.

In base ai programmi di Enel produzione, è previsto l’esercizio di una nuova centrale termoelettrica da 320 MW a letto fluido pressurizzato (Pfbc), per la primavera del 2005, in grado di utilizzare circa il 30% di carbone Sulcis miscelato con carbone estero a basso tenore di zolfo. I programmi relativi a questa centrale sono attualmente modificati rispetto alla precedente descrizione. Infatti, la centrale non sarà più a letto fluido pressurizzato (Pfbc), ma a letto fluido circolante (Cfbc), non sarà più da 320 MW, ma da 340, inoltre sarà in grado di utilizzare il 40 % della quantità di carbone stimata per la sostenibilità economica della miniera (fonte Enel, gennaio 2003).

Potrebbe costituire un ulteriore contributo all’utilizzo del carbone Sulcis la programmata nuova centrale da 10 MW del Consorzio area industriale del Sulcis, prevista per il 2004, funzionante a rifiuti e a carbone. La quantità prevedibile di carbone Sulcis è approssimativamente 20 kt/a.

Non essendo stato possibile fino ad ora realizzare l’Impianto Igcc‑Sulcis, supponendo che non sia considerata violazione del Dpr 28 gennaio 1994 superare la quota del 20 % di carbone Sulcis nella miscela, tenendo conto che il gruppo Sulcis‑3 da 240 MW, secondo fonte Enel gennaio 2003, può usare 300 kt/anno e produrre 1.600 GWh e il nuovo gruppo Cfbc da 340 MW può usare una quantità pari a 450 kt, si avrebbe una produzione della miniera del Sulcis di circa 770 kt/anno di carbone lavato. In questa analisi supponiamo che sia possibile consumare 800.000 t/a di carbone Sulcis.

Poiché non si potrà disporre nel 2005 di un’altra centrale sostitutiva dell’impianto Igcc‑Sulcis, e poiché lo stesso gruppo gemello della nuova centrale Enel Cfbc da 340 MW, denominato ora Cfbc Consorzio, non potrà essere realizzato ragionevolmente prima dei 2007, allora se si volesse adempiere nel breve termine all’impegno di rendere operativa al valore di 1 M t/anno la miniera del Sulcis, tenendo conto dei limiti imposti dalla necessità di risanamento dell’area industriale (Dpr 28 gennaio 1994), si dovrebbe trovare il modo di utilizzare circa 300 kt/anno di carbone Sulcis al di fuori dell’area industriale del Sulcis.

Nelle condizioni previste risulterebbe alimentato a carbone un comparto di generazione di potenza nominale totale pari a (2x320+240+340) = 1.220 MW, per una potenza disponibile pari a circa il 66 % della potenza massima richiesta dalla rete.

Vale la pena osservare che attualmente, negli impianti della centrale Sulcis 3, l’utilizzo delle 300 kt del carbone Sulcis è necessariamente legato all’utilizzo di 700 kt di carbone estero, in quanto per abbassare l’altissimo tenore di SO2 presente nel carbone Sulcis, oscillante tra il 6 e l’8 %, ci si trova costretti a miscelarlo con carbone estero pregiato a bassissimo tenore di SO2 (circa lo 0,1 %). Ecco perché, per utilizzare in tali condizioni 1 M t/a di carbone Sulcis in modo compatibile con le caratteristiche degli impianti ed i requisiti ambientali delle emissioni di SO2, è necessario bruciare almeno 3 M t/a totali di carbone, a cui corrisponde una produzione elettrica di circa il 65 % della domanda annua. Se a ciò si aggiunge la produzione elettrica vincolata al Tar della Saras fino al 2008/2010, si avrebbe più dell’80 % della domanda elettrica coperta da processi a bassa efficienza energetica, molto minore di quella attuale e prevista in Europa e in Italia, ove gli Impianti a gas a ciclo combinato (Ngcc) a metano hanno rendimenti intorno al 55 %.

Data l’urgenza, segnalata dal Grtn e dal decreto del ministero dell’Industria del 7 agosto 2000, di aumentare la riserva di potenza, soprattutto mediante gruppi a turbogas ad avviamento rapido, si suppone che la sensibilità dei produttori, con lo stimolo del Grtn e della Regione Sardegna, consentirà di poter contare per il 2004 su nuovi gruppi turbogas nel sito di Codrongianus o altrove.

 

Lo sviluppo a medio termine

Per il medio termine si può proporre nell’area industriale di Portoscuso la realizzazione di una seconda centrale da 340 MW del tipo Cfbc, sostitutivo dell’impianto Igcc inizialmente previsto, di cui è stato fatto cenno nella precedente descrizione, alimentata con una miscela di carbone Sulcis ed estero. Questa proposta ha la possibilità di concretarsi verosimilmente per il dicembre 2007: decidendo in tempi ragionevoli, si potrebbe utilizzare tutto l’iter autorizzativo dell’Ati‑Sulcis ed il progetto Enel esistente. Tuttavia, è necessario verificare se questo impianto sia compatibile con il Dpr 28 gennaio 1994 e con le esigenze ambientali dell’area industriale di Portoscuso e se il gruppo Sulcis‑3 Enel può continuare a bruciare una quantità di carbone Sulcis maggiore del 20 % della miscela col carbone estero.

Nel medio termine” non si prende in esame la realizzazione dell’Igcc‑Sulcis abbandonato dall’Ati‑Sulcis, perché nonostante sia la soluzione più compatibile con la necessità di risanamento dell’area di Portoscuso “ad alto rischio ambientale”, richiederebbe 7 od 8 anni per la realizzazione, non esistendo ancora neppure il soggetto incaricato della progettazione.

Questa soluzione rientra comunque nelle ipotesi di scenario a lungo termine per il 2010/2012, ma dovrà discutersi al confronto con le tecnologie nuove rese possibili dal gas naturale che la Regione Sardegna ha il diritto di ottenere.

In tale ipotesi, però, onde evitare una eccessiva dipendenza del sistema elettrico sardo dal carbone, si dovrebbe evitare che gli impianti Endesa di Fiumesanto vengano convertiti a carbone (sia pure estero).

Osserviamo, per altro, che la costruzione di ulteriori centrali a carbone, progettata oggi nelle mutate condizioni internazionali e nazionali, sia per le tecnologie che per gli standard ambientali desiderati o imposti (legge n.120/2002), in una situazione come quella della rete elettrica della Sardegna verrebbe, di fatto, a costituire una rigidità dei sistema elettrico ed una rinuncia ad avvalersi a pieno delle caratteristiche delle centrali termoelettriche di nuova concezione a metano, che consentono di ottenere rendimenti superiori al 55 % e minimi residui inquinanti.

Il medio termine, volendo, potrebbe essere caratterizzato da uno scenario alternativo a quello precedentemente descritto. Infatti, se si avrà conferma che per il 2005/2006 il gasdotto dall’Algeria sarà arrivato in Sardegna, conviene stimolare la costruzione in Sardegna dei nuovi Impianti termoelettrici ad alto rendimento Igcc alimentati a gas naturale. In questo modo, il sistema energetico della Sardegna ridurrebbe il suo allontanamento dai parametri previsti dalla legge n. 120/2002 e dalla delibera Cipe sul Piano di azione nazionale per la riduzione delle emissioni nocive.

Per ottenere questi stessi benefici, se non si avrà la certezza dell’arrivo del gasdotto per il 2006, sarebbe opportuno prevedere il ricorso ai sistemi a Gnl a rigasificazione per ottenere gli stessi benefici ambientali desiderati. Nel paragrafo successivo è presentato il calcolo di massima per individuare le condizioni minime di fattibilità tecnico‑eco­no­mica di un impianto di gas naturale liquefatto per la Sardegna, individuandone le caratteristiche dimensionali.

Si osservi che per l’anno 2005/2006, secondo i programmi noti, sarà operativo il nuovo cavo sottomarino 2x500 MW. Questo consentirà una produzione di energia elettrica superiore alla domanda interna e l’esportazione di energia elettrica prodotta dagli impianti ad alto rendimento a metano, oltre che di energia prodotta dagli impianti a fonti rinnovabili, stimata per il 2006 pari a circa 2000 GWh/a.

In questa ipotesi di periodo a medio termine si tiene comunque conto dell’entrata in servizio della centrale Enel Cfbc alimentata a carbone Sulcis in miscela, che il gruppo Sulcis 3 continui a funzionare a carbone Sulcis a 350 kt/a miscelato. Al fine di raggiungere la produzione minima economica di 1 M t/a di carbone Sulcis, sarebbe forse opportuno non scartare l’ipotesi di poter riconvertire a carbone la centrale Endesa di Fiumesanto (2x320 MW).

 

Caratteristiche di un impianto di gas naturale liquefatto per la Sardegna

Al fine di individuare le condizioni minime di fattibilità tecnico-economica di un terminale a Gnl con rigassificazione per la Sardegna, nelle condizioni attuali dì isolamento energetico, presentiamo qui di seguito una breve analisi quantitativa.

Il terminale può essere dimensionato per essere esteso, in futuro, da uno a due moduli da 50 a 60 mila metri cubi ciascuno, dopo l’arrivo in Sardegna del gasdotto dall’Algeria ed il collegamento con la rete italiana. In tale condizione, il terminale potrà rigassificare circa 4 miliardi di metri cubi di metano ed immetterne circa 2 nella rete italiana.

Tenendo conto di questi parametri di base del sistema Gnl, se ne deduce che la proposta di anticipare l’arrivo del gasdotto mediante un terminale a Gnl con rigasificazione, comporta la decisione di costruire almeno due centrali da 400 MW ciascuna del tipo a ciclo combinato ad alto rendimento (Ngcc), che possono impegnare almeno 1,2 miliardi di metri cubi di gas all’anno. La parte rimanente, fino ad utilizzare 1,8 miliardi di metri cubi di gas, sarà utilizzata dalle utenze della piccola e media industria di un’area industriale come quella di Cagliari e dalle utenze urbane dell’area metropolitana di Cagliari.

 

Lo stato attuale della rete elettrica della Sardegna

L’assetto del settore elettrico dopo il decreto legislativo n. 79 del 1999, proprio per rendere attivo il libero mercato dell’energia elettrica, ha separato la rete di trasmissione nazionale dalla rete di distribuzione. La Rtn, attualmente di Enel Terna è destinata a diventare di proprietà governativa; la rete di distribuzione è di competenza di Enel Distribuzione. La Rtn è gestita da Grtn, come si è già detto. La Rtn è tutta in alta tensione, mentre la rete di distribuzione è in parte in alta tensione (150kV,120kV) e parte in media e bassa tensione.

Le dimensioni della rete di trasmissione nazionale in Sardegna possono essere così sinteticamente descritte:

1) linee ad altissima tensione 380 kV, estensione pari a 612 chilometri;

2) linee ad altissima tensione 220 kV, estensione di 555 chilometri.

Per quanto riguarda le dimensioni regionali della rete di distribuzione, risultano:

1) linee ad alta tensione (At) 150 kV, che alimentano tutte le cabine primarie di trasformazione da 150 kV a 15 kV, con una estensione di soli 1.893 km;

2) linee di distribuzione a media tensione (Mt) 15 kV, che al 31 dicembre 1999 raggiungevano una lunghezza complessiva di 14.965 km;

3) la notevole lunghezza delle singole linee Mt, che in Sardegna raggiunge il valore di oltre 24 km, contro un valore medio nazionale di 16.4 km;

4) numero delle cabine primarie di trasformazione At/Mt (da 150 a 15 kV, dalle quali sono derivate le linee di distribuzione a 15.000 V): 69 unità, con una densità di 0.002 cabine primarie per chilometro quadrato , equivalente a meno della metà della densità sul territorio nazionale (0.005 cabine primarie).

 

Gli scenari di sviluppo del settore elettrico

Gli scenari del settore elettrico proposti partono da due ipotesi di sviluppo tendenziale della domanda di energia elettrica; la prima per bassa crescita pari al tasso medio annuo dello 0,8 %, che porta all’anno 2012 ad una domanda interna di 12.500 GWh/a; l’altra per un tasso alto di crescita del 2,3 %, che porta ad una domanda di 15.000 GWh/a.

L’ipotesi di bassa crescita tiene conto sia di uno sviluppo non sostenuto dell’industria manifatturiera sia della diminuzione della domanda elettrica per effetto delle azioni di uso razionale dell’energia e in particolare di spostamento sulla rete del gas delle utenze elettriche non obbligate, come il riscaldamento elettrico.

L’ipotesi di alta crescita tiene conto sia di un minor successo nelle azioni di uso razionale dell’energia, sia di una crescita del comparto industriale manifatturiero, sia di una crescita dell’assorbimento del sistema idrico regionale.

Nel Piano energetico viene anche esaminato il problema della carenza di riserva di potenza della Rete sarda. Il problema è importante, come viene sottolineato dal Grtn e dal decreto del ministero dell’Industria del 7 agosto 2000; tuttavia questo studio conclude che nel breve termine non si può trovare una soluzione definitiva per raggiungere una quota di riserva pari all’80 %, non essendo possibile prevedere l’avvio di nuove centrali di grande potenza entro il 2005. Peraltro, dopo il 2005 il problema sarà attenuato per la presenza della connessione Sa‑I da 1.000 MW. Nel breve termine si auspica che la Regione possa stimolare l’Enel a rinnovare i gruppi turbogas di Codrongianus, che sarebbero di grande aiuto nei casi gravi di collasso della Rete.

Prima di esaminare in dettaglio gli scenari di sviluppo del comparto di generazione dell’energia elettrica, si ricorda che in tutti gli scenari proposti e studiati le condizioni iniziali del comparto sono le seguenti:

– al dicembre 2002 sono in corso le utilizzazioni delle risorse endogene nell’impianto Sulcis 3 da 240 MW, che assorbe circa 300.000 t/a di carbone Sulcis;

– la centrale Sarlux da 560 MW, che utilizza i residui della raffinazione della Saras;

– i due gruppi da 160 MW di Portoscuso sono obsoleti e funzioneranno fino al 2005;

– per l’aprile del 2005 è previsto l’avviamento della centrale a letto fluido dell’Enel da 340 MW, che assorbirà circa 450.000 t/a di carbone Sulcis; all’avviamento di questa i due gruppi Enel da 160 MW verranno messi in riserva;

– la centrale Endesa di Fiumesanto è costituita da due gruppi da 160 MW alimentati ad olio combustibile e da due gruppi da 320 MW finora alimentati a orimulsion o ad olio combustibile atz; a partire dal mese di marzo del 2003 saranno alimentati a carbone;

– le fonti di energia rinnovabili (Fer) presentano al dicembre 2002 una potenza nominale funzionante di 102 MW ed una potenza programmata da produttori privati in grande crescita;

– gli impianti degli autoproduttori contribuiscono alla produzione regionale per circa 1.400 GWh/a al 2002 e cresceranno con un piccolo tasso fino a 2.000 GWh/a per il 2012.

 

Scenario 1

Bassa crescita della domanda di energia elettrica

Questo primo Scenario 1 si basa su una previsione di bassa crescita della domanda di energia elettrica a causa di un mancato sviluppo del settore industriale e manifatturiero. La specificità dello Scenario 1 consiste nel privilegiare un elevato utilizzo del carbone Sulcis, senza prevedere il ricorso al metano ed alle centrali elettriche a ciclo combinato a gas naturale, caratterizzate da elevati rendimenti. Infatti, si ipotizza di assumere nel 2003 la decisione di voler soddisfare l’andamento ipotizzato della domanda di energia elettrica, realizzando le due centrali a letto fluido Cfbc Sulcis Ep da 340 MW e Cfbc Consorzio da 340 MW, alimentate entrambe a carbone Sulcis miscelato con carbone estero, al fine di raggiungere per il 2008 un utilizzo di un milione di tonnellate (1.000 kt/a) di carbone Sulcis.

Si osservi che, secondo questa configurazione, la potenziale offerta di energia risulta certamente in esubero rispetto alla domanda, già con i soli impianti indicati a partire dal 2007. Evidentemente, l’eccesso di energia elettrica, approssimativamente 5 Twh, prodotti con le sole centrali indicate, occorre che trovi spazio nel mercato dell’esportazione. Non può sfuggire quanto sia ridotto lo spazio di producibilità residuo, compreso tra la curva di limite massimo di producibilità, relativa all’esercizio del cavo di connessione da 1.000 MW Sa-I, e la curva di producibilità complessiva degli impianti considerati in questo Scenario l.

Come mitigazione delle emissioni nocive, questo scenario contiene anche un incisivo ruolo delle fonti rinnovabili, in particolare l’energia eolica, a cui viene posto tuttavia un “limite di potenza nominale”.

 

Alta crescita della domanda di energia elettrica

Come lo Scenario precedente, si prospetta la domanda e la produzione di energia elettrica basandosi sulla previsione di una evoluzione temporale che include la coesistenza di due ipotesi:

a) la riduzione degli usi finali di energia elettrica secondo gli Scenari del Residenziale e del Terziario;

b) un’elevata crescita della domanda di energia elettrica proveniente dal settore industriale‑manifatturiero e del sistema delle acque, a causa degli impianti dissalatori, depuratori e pompaggio.

Si stima un tasso di crescita della domanda interna pari al 2,3 %. Permane la scelta dell’elevato utilizzo del carbone Sulcis, con le due centrali a letto fluido Cfbc Sulcis Ep e Cfbc Consorzio, con la finalità di bruciare 1.000 kt/a di carbone Sulcis, senza alcuna indicazione per quanto riguarda l’utilizzo del gas naturale, il cui arrivo in questo scenario si considera poco probabile. La ipotizzata “alta crescita” della domanda interna rallenta e attenua il verificarsi della strozzatura tra il 2005 e il 2006 per la produzione degli impianti Endesa di Fiumesanto. È pure importante notare che la possibilità di esportare mediante il cavo Sa-I rende possibile per la Sarlux evitare la riduzione della produzione dopo lo scadere nel 2009 del dispositivo Cip 6/92.

 

Scenario 2

Bassa crescita della domanda di energia elettrica

La caratteristica di questo Scenario 2 – Bassa crescita della domanda interna – consiste nella discreta speranza che il gas naturale arrivi per il 2007. Pertanto, si può prevedere la realizzazione di una centrale elettrica a ciclo combinato alimentata a gas naturale (Ngcc da 400 MW), pur salvaguardando la scelta iniziale di arrivare a bruciare le 1.000 kt/a di carbone Sulcis con la realizzazione delle due centrali a letto fluido Cfbc Sulcis Ep e Cfbc Consorzio. Anche in questo caso, il margine di producibilità lasciato alle centrali Endesa nell’anno 2005/6, prima della connessione Sa-I risulta piccolo, per via della priorità che il dispositivo Cip 6/92 dà a Sarlux e al carbone Sulcis.

La congiuntura di un piccolo sviluppo del settore industriale, e quindi della domanda interna, induce a riversare una maggiore quota di produzione verso l’esportazione; il verificarsi di una tale condizione porta sin d’ora ad intravedere l’utilità di programmare un ulteriore cavo Sa-I almeno da 500 MW per l’anno 2008/9.

 

Alta crescita della domanda di energia elettrica

In questo Scenario 2 – Alta crescita della domanda – si prospettano le stesse azioni del precedente, caratterizzato dalla speranza che il metano arrivi per il 2007, rendendo possibile la realizzazione di una prima centrale a metano Ngcc da 400MW, senza compromettere il raggiungimento della produzione di 1.000.000 t/a di carbone Sulcis, come previsto nello scenario 2 di bassa crescita. In questa ipotesi di alta crescita, il margine di produzione che resta a disposizione degli impianti Endesa è maggiore nella strozzatura del 2005/6. Va ricordato che la congiuntura di alta crescita della domanda interna può essere dovuta allo sviluppo del settore industriale ed all’assorbimento del settore delle acque, nonostante le azioni di Ure previste dallo scenario residenziale e dallo scenario terziario.

Si noti che in questo scenario si ipotizza che la Sarlux, dopo il 2008, riduca la propria produzione allo scadere del Cip 6/92. Tuttavia, se si potenziasse con ulteriori 500 MW (o con il collegamento con il nord Africa) la connessione della Sardegna, la produzione Sarlux potrebbe continuare a pieno regime.

 

Scenario 3

Bassa crescita della domanda di energia elettrica

Questo Scenario 3 – Bassa crescita della domanda – è praticamente strutturato come lo scenario precedente. Caratteristica di questo scenario è la proposta di anticipare l’arrivo del gas metano al 2007, con il terminale a gas naturale liquefatto (Gnl da 50 a 60 mila metri cubi) come sistema collaborante con il futuro gasdotto dall’Algeria, atteso per il 2010. In tal caso, la compatibilità tecnico economica comporta la necessità di realizzare due centrali Ngcc da 400 MW, per assicurare, unitamente alle utenze civili e picco­lo‑in­dustriali, l’assorbimento di circa 2 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Una di queste centrali potrebbe essere quella del Consorzio del polo metallurgico in regime di autoproduzione. Questo scenario non trascura il ricorso al carbone Sulcis, di cui prevede un assestamento dell’utilizzazione nell’area del Sulcis per circa 800.000 t/a; né trascura le fonti rinnovabili, sia pure imponendo un tetto limite alla potenza nominale. Come nello scenario precedente, si sottolinea l’utilità di un ulteriore potenziamento del cavo di connessione Sa-I con uno nuovo da 500 MW.

 

Alta crescita della domanda di energia elettrica

In questo Scenario 3 di alta crescita della domanda  si prospettano gli stessi sviluppi e azioni del precedente. Ripetiamo, per completezza, che questo scenario è dominato da un largo impiego del gas naturale, prima anticipato al 2007 dal Gnl e poi consolidato con l’arrivo nel 2010 del gasdotto dall’Algeria. Si può osservare che, se si potenzia con ulteriori 500 MW la connessione Sa-I, la Sarlux potrebbe produrre per l’esportazione senza subire la riduzione della produzione dopo la scadenza del Cip 6/92; l’Endesa potrebbe sostituire i gruppi termoelettrici obsoleti con centrali del tipo Ngcc.

 

Scenario 4

Questo scenario si inquadra bene nello “Scenario strategico A” e concorre a perseguirne le finalità coinvolgendo tutte le fonti di energia nella corretta successione temporale, facendo sì che le diverse tecnologie producano un’energia elettrica di buona qualità per l’esportazione in Europa; pertanto, per questo Scenario 4 elenchiamo in modo più completo le diverse azioni previste.

L’attuazione dello Scenario 4 comporta diverse azioni che, come decisioni operative, si suppone siano tutte assunte nell’anno 2003, all’atto di approvazione dei Piano energetico regionale della Sardegna.

Le azioni previste sono:

– inizio esercizio centrali Endesa 2x320 MW a carbone, con abbandono di orimulsion all’anno 2003;

– avvio a primavera 2005 della centrale Enel a carbone Sulcis più estero, che porta a 800.000 t/a la produzione di carbone Sulcis;

– arrivo al dicembre 2005 del nuovo cavo elettrico da 1.000 MW Sardegna‑Italia;

– arrivo del metano liquido (Gnl) nel 2007 con due centrali a gas ad alto rendimento (Ngcc), di cui una del “consorzio Sulcis”;

– avvio di una centrale a carbone Sulcis più estero con gassificazione tipo Igcc‑Sulcis nel 2010, con superamento della quota di produzione Sulcis di un milione di ton/anno;

– arrivo del gasdotto dall’Algeria nel 2010 ed eventuale centrale a gas Endesa (ex 2x160 MW);

– crescita quasi lineare del contributo delle fonti rinnovabili, con prevalenza dell’energia eolica, fino ad un contributo di circa 2.500 GWh al 2007 e di 5.000 GWh al 2012.

Alle azioni specifiche descritte per i diversi scenari, si devono considerare affiancate azioni tipiche, necessarie per lo sviluppo previsto in ciascun scenario, che riassumiamo qui di seguito:

– tutte le azioni per attuare l’uso razionale dell’energia, il ricorso alle fonti rinnovabili, la penetrazione dell’uso dei gas combustibile Gpl in attesa dell’arrivo del metano;

– tutte le azioni per il potenziamento delle infrastrutture di approvvigionamento del carbone, in coerenza con i diversi scenari di crescita proposti;

– tutte le azioni di aiuto allo sviluppo dei settori di ricerca applicata d’avanguardia nelle fonti rinnovabili, in particolare dell’energia solare, nelle tecnologie di conversione dei carbone, nelle tecnologie dell’idrogeno e delle celle a combustibile.

 

Bassa crescita della domanda di energia elettrica

Questo scenario risulta in parte simile al precedente per tutte le soluzioni previste fino al 2010; in particolare, si sottolinea che anche nello scenario 4 si ipotizza il ricorso anticipato al metano con il sistema a Gnl nel 2007 e con l’attivazione di due centrali dei tipo Ngcc da 400 MW.

Lo Scenario 4 si differenzia per una caratteristica importante. Poiché gli esperti ritengono il progetto del gassificatore ancora fattibile ed il modo migliore per utilizzare il carbone Sulcis, nel 2003 si potrebbe decidere di varare nuovamente lo studio, benché si possa prevedere che l’impianto non sarebbe operativo prima del 2010.

Per questo motivo si ritiene utile ipotizzare che venga ripreso da altro soggetto privato il progetto della gassificazione dei carbone Sulcis e venga portato a compimento un nuovo impianto Igcc Sulcis da 400 MW, che porti il consumo interno di tale combustibile a oltre 1.100.000 t/anno a partire dal 2010.

Questo scenario mostra che se si adotta lo Scenario strategico A “produrre per esportare”, nel sistema elettrico della Sardegna c’è spazio per le diverse forme di energia e per le diverse tecnologie. Infatti, anche in questo scenario è previsto un significativo contributo delle fonti rinnovabili.

 

Alta crescita della domanda di energia elettrica

In questo Scenario Alta crescita della domanda si mostrano gli sviluppi del precedente. Si ribadisce che lo scenario 4 è caratterizzato dall’ipotesi di un ricorso al metano anticipato al 2007 del comparto di generazione dell’area industriale del Sulcis, con l’adozione dei gas naturale liquefatto in attesa dell’arrivo del gasdotto dall’Algeria. Si noti che in questo scenario si ipotizza possibile la realizzazione nel 2010 di un nuovo impianto di gassificazione del carbone Igcc da 400 MW ubicato nel Sulcis.

 

Scenario 5

Anche questo Scenario 5 viene esaminato sia nell’ipotesi che si abbia una “bassa crescita” della domanda elettrica interna, sia che si abbia una “alta crescita”; la crescita reale dipenderà dallo sviluppo che conseguirà il settore industriale e dalle richieste di energia elettrica dì sistemi importanti come quello idrico, non ancora del tutto prevedibili. Tuttavia il tasso reale di crescita della domanda elettrica interna non influisce in modo significativo sulle scelte previste da questo e dagli altri Scenari, perché tutti si inquadrano nello “Scenario strategico A” che prevede una produzione di energia elettrica destinata all’esportazione.

Anche questo Scenario tiene conto delle azioni di Uso razionale dell’energia (Ure) descritte dagli scenari Residenziale e Terziario, che consistono in una penetrazione alta dell’uso dei Gpl (propano) in sostituzione degli usi elettrici non obbligati.

Questo Scenario 5 del comparto di generazione elettrica privilegia, più degli altri proposti, l’uso prioritario delle fonti endogene come il carbone Sulcis e le fonti rinnovabili di energia. Pertanto, nella successione temporale delle azioni si prevede anzitutto di raggiungere l’obiettivo di 1 milione dì t/a di carbone Sulcis al 2007/8; poi l’arrivo dei gasdotto dall’Algeria nel 2010 e non si prevede il ricorso al sistema a Gnl nel breve periodo, ma eventualmente dopo l’arrivo del gasdotto.

Preso atto, come per gli altri scenari proposti, che al dicembre 2002 sono già in corso le utilizzazioni delle risorse endogene del carbone Sulcis (Enel), dei residui della raffinazione (Sarlux) e delle Fer (corrispondenti a 102 MW nominali), sia nell’ipotesi di alta crescita che di bassa crescita della domanda interna, le azioni previste nello scenario 5 sono:

– inizio esercizio centrali Endesa 2x320 MW a carbone con abbandono dell’orimulsion e dell’olio atz alla primavera dell’anno 2003;

– avvio a primavera 2005 della centrale Enel da 340 MW a letto fluido a carbone Sulcis più estero, che porta a circa 800.000 t/a la produzione dì carbone Sulcis;

– arrivo al dicembre 2005 del nuovo cavo elettrico da 1.000 MW Sardegna ‑ Italia;

– avvio nel 2008 di una nuova centrale a carbone a letto fluido misto Sulcis del “consorzio Sulcis” in regime dì autoproduzione, con il conseguimento della quota di un milione di ton/a di carbone Sulcis;

– arrivo del gasdotto dall’Algeria nel 2010 ed eventuale centrale a gas Endesa (ex 2x160 MW);

– crescita quasi lineare del contributo delle fonti rinnovabili, con prevalenza dell’energia eolica, fino ad un contributo di circa 2.500 GWh/a al 2007 e di 5.000 GWh/a al 2012; entità essenziale per mitigare la portata delle emissioni nocive, controllate dal protocollo di Kyoto, dovute all’impiego dei residui di raffinazione e del carbone;

– tutte le azioni di potenziamento delle infrastrutture per l’approvvigionamento del carbone estero nel polo energetico dei Sulcis e nel polo energetico di Fiumesanto;

– tutte le azioni di sostegno alle attività di uso razionale dell’energia e di diffusione delle fonti rinnovabili;

– tutte le azioni, come quelle già in corso, per assicurare nel breve periodo, fino al 2007 almeno, un costo agevolato dell’energia elettrica per le industrie del polo metallurgico del Sulcis.

 

Scenario energetico complessivo

La proposta di Piano energetico regionale, oltre al comparto elettrico, prende in esame anche gli altri settori o comparti ove la pianificazione può incidere con interventi di indirizzo e di razionalizzazione dell’uso delle diverse forme di energia. Queste condizioni si verificano in particolare nella piccola e media industria con interventi significativi nella cogenerazione, nel settore civile con l’eliminazione degli usi elettrici non obbligati, nel settore trasporti con azioni strutturali e con la penetrazione del Gpl. Pertanto, se allo Scenario 5 del comparto elettrico si uniscono le azioni sotto elencate, riferite agli scenari degli altri settori, si completa il quadro di sviluppo che chiamiamo “Scenario energetico complessivo”:

– tutte le azioni a partire dal 2003, volte ad agevolare la penetrazione dell’uso del Gpl nel settore dei trasporti, nel settore civile, nel settore della piccola e media industria, utilizzando le reti già costruite;

– azioni di stimolo e sostegno per il recupero del patrimonio edilizio delle città e dei centri minori, finalizzato al conseguimento di un confort ambientale interno mediante la dotazione di impianti di climatizzazione, di fonti rinnovabili e di coibentazione termoigrometrica delle abitazioni;

– tutte le azioni di completamento delle reti interne del gas combustibile e delle strutture di approvvigionamento, come i serbatoi costieri di Gpl, per garantire il libero mercato, in attesa dell’arrivo del gasdotto dall’Algeria;

– tutte le azioni di aiuto allo sviluppo dei settori di ricerca applicata d’avanguardia nelle fonti rinnovabili, in particolare dell’energia solare, nelle tecnologie di utilizzo pulito dei carbone mediante produzione di gas di sintesi o di idrogeno;

– azioni di interesse per le applicazioni dell’energia nucleare intrinsecamente sicura;

– azioni di indirizzo ed agevolazioni fiscali di equiparazione al metano per il prezzo del Gpl per l’impiego negli impianti di cogenerazione della piccola e media industria e per le grandi utenze del terziario;

– normativa regionale per la certificazione e collaudo energetico dei processi industriali e per la certificazione e collaudo energetico degli edifici secondo la legge n. 10/91;

–  norme per il Piano energetico provinciale e comunale.

 

Integrazione del Piano energetico con gli altri Piani d’Ambito

Dalla lettura del “Progetto di Piano energetico” si vede che si è avuta cura di non trascurare i principali aspetti della interazione tra il Sistema energetico regionale e l’ambiente naturale. Infatti, l’impostazione del Progetto prevede come metodo di analisi e verifica un continuo riferimento alla legge n. 120 del 2002 e al Piano di azione nazionale per il controllo delle emissioni nocive.

Tuttavia, questo metodo comporta una verifica severa solo per alcuni aspetti degli effetti ambientali; infatti alcuni combustibili comportano effluenti liquidi o solidi che sull’Ambiente locale sono più dannosi della CO2, come le ceneri e i solidi legati alla desolforazione.

Ma il problema della compatibilità ambientale di tutte le strutture costituenti un sistema energetico richiede una verifica ampia con tutte le componenti significative del territorio, inclusa quella paesaggistica.

Si ritiene pertanto che, nonostante l’impostazione ambientale e la verifica delle emissioni di CO2 eseguita in dettaglio per ciascuno “scenario energetico” proposto, sia improprio chiamare questo documento “Piano energe­ti­co‑am­bientale”.

Per meritare questo appellativo, un “Piano energetico” non solo dovrà essere sottoposto alla Valutazione ambientale strategica, quando la norma verrà recepita dall’Italia e dalla Sardegna, ma soprattutto dovrà essere coordinato alla radice con tutti gli altri atti pianificatori (urbanistica, infrastrutture stradali, trasporti, sistema idrico etc).

Nel concludere, non si vuole certo sminuire l’importanza di questa “Proposta di Piano energetico”, che poggia su una seria verifica ambientale nel rispetto della normativa vigente, ma si vuole aprire un nuovo capitolo della pianificazione del sistema energetico e proporre un nuovo metodo operativo, che renderà questo strumento della pianificazione finalmente efficace.

Scopo della pianificazione, applicata a qualsivoglia settore, è di dare le indicazioni perché lo sviluppo del settore non sia solamente “sostenibile internamente” a sé stesso, ma sia compatibile con lo sviluppo di tutti gli altri settori.

Lo sviluppo sostenibile di un ambiente o ambito, inteso come somma di ambiente naturale, ambiente sociale e attività antropiche, può conseguirsi solamente se ogni singolo componente evolve in sinergia con gli altri, se la pianificazione avviene in ogni settore o ambito, tenendo conto di tutti i vincoli interni ed esterni e dello stesso obbiettivo globale da raggiungere.

Sinergia che è propria dei sistemi naturali, ma raramente ritroviamo nelle attività umane e per questo dobbiamo “pianificare ricercando la sinergia”.

Il sistema energetico in un paese industrializzato è per sua natura fortemente interconnesso con tutti i settori legati allo sviluppo del territorio e delle società umane che lo popolano e per questo non si può pensare di pianificare “il sistema energia” prescindendo dalle pianificazioni degli altri settori.

Si pensi, per esempio, al settore dei trasporti e delle infrastrutture stradali ed alle sue implicazioni energetiche e ambientali di una “linea di sviluppo” di un piano dei trasporti. Questo può comportare, spesso inconsapevolmente, lo spostamento di grandi quantità di energia, dalla produzione ai consumi ed allo stoccaggio, spostamento nel tempo e sul territorio. Ad esempio, una riduzione significativa del consumo di combustibili e delle emissioni nocive connesse si potrebbe ottenere spostando parte del traffico pesante dalla strada alla ferrovia; ma questo sarà fattibile se la pianificazione delle infrastrutture ne avrà tenuto conto.

Un piano settoriale dell’industria, poi, non dovrebbe pianificare la creazione di nuove attività energivore, prescindendo dalla pianificazione dell’attività di produzione dell’energia elettrica.

Ancora: un piano energetico non può prevedere l’installazione di una centrale elettrica prescindendo dal piano urbanistico e territoriale, perché essendo un’opera che insiste sul territorio, lo modifica, lo sfrutta e deve vivere in armonia con la sua evoluzione.

Come si vede, dunque, le interconnessioni sono numerose, bidirezionali ed interdipendenti. La possibilità che ogni atto pianificatorio di settore partecipi al conseguimento del superiore unico obiettivo di funzionalità di una società industrializzata, è legata alla capacità dei pianificatori di realizzare l’integrazione fra i piani di settore.

Queste osservazioni sono rivolte ai tecnici pianificatori dei diversi ambiti, ma anche alle amministrazioni locali, che oggi con il decreto legislativo n. 112/98 hanno maggiori competenze nella pianificazione, perché insieme si cerchi di inaugurare il nuovo modo della “Pianificazione intersettoriale integrale”.

Alcune regioni italiane si sono già dotate di un “Piano energetico­ ambientale regionale”, in armonia con l’impegno assunto tra le Regioni in un accordo programmatico chiamato “Protocollo di Torino” del 4 giugno 2001.

Si tenga inoltre presente che, secondo la direttiva 2000/42/Ce, alcuni piani devono essere sottoposti a Valutazione ambientale strategica (Vas) perché si valutino le conseguenze dal punto di vista ambientale delle azioni proposte «ai fíni di garantire che tali conseguenze siano incluse a tutti gli effetti e affrontate in modo adeguato fin dalle prime fasi del processo decisionale, sullo stesso piano delle considerazioni di ordine economico e sociale».