Portoscuso 19 Dicembre 05
8° Congresso Camera del Lavoro CGIL Sulcis Iglesiente
1° Provinciale Carbonia Iglesias
Relazione Introduttiva Marco Grecu
Le parole d’ordine di questo Congresso:
riprogettare il territorio, diritti, lavoro, saperi liberta’.
Questo e’ anche il 1° Congresso Provinciale, abbiamo voluto ricordare questo
evento con un ricordo, la litografia che le Compagne Vi hanno regalato.
Un’opera che vuole rappresentare il lavoro cosi come lo vede questo giovane
artista, cui auguriamo tanta fortuna. Al di la dei significati simbolici mi
sembra che l’opera trasmetta una serie di significati importanti. Sui quali
tornerò: Il presente, il passato e il futuro.
E’ un congresso che si svolge, il nostro l’VIII, quello nazionale il 15° che si
terra’ a Rimini nel mese del marzo prossimo in un contesto internazionale e
nazionale profondamente mutato:
Tale contesto ha modificato e sta modificando anche il nostro sistema
produttivo.
La guerra in Iraq
La CGIL ha avuto e ha un ruolo importante nel movimento della pace, ripudia la
guerra - tanto più contro il principio della guerra preventiva, affermata come
teoria geopolitica unilaterale degli USA - e possibilità di difesa, promozione,
estensione dei diritti del lavoro e dell’ambiente, tra pace e possibilità di
sviluppo sostenibile , in Italia, in Europa e nel mondo:
la CGIL ribadisce la convivenza e il dialogo tra culture per rispondere
all’insicurezza e allo scontro di civiltà. L’ultimo terribile attentato
terroristico di Londra, dopo quello dell’11 settembre e di Madrid, da ancora una
volta il segno della gravita’ e della forza di questo fenomeno. Bandire ogni
forma di violenza, affermare un’altra e contrapposta idea dei rapporti umani,
politici e civili e’ per la CGIL impegno solenne e indiscutibile, cosi come
precisato nelle tesi congressuali.
Cari Compagni e Compagne ho voluto soffermarmi su questo per una ragione ben
precisa.
Il nostro territorio per molte migliaia di Ha è vincolato da servitu’ militari
di terra e di mare che ostacolano la convivenza civile e democratica,
alcuni dicono che portano benessere e ricchezza.
Guardate io non ho mai visto impiegati, operai, pastori, disoccupati che
girano con il rolex d’oro o con grossi macchinoni. Magari qualche sindaco o
qualche commerciante. E’ semmai vero il contrario. Perche’ se cosi fosse non
avremmo 33mila disoccupati e un reddito medio pro capite di circa 9 mila euro
Ormai non si contano piu’ le denunce di pescatori e dello stesso
segretario della Camera del lavoro e del segretario della Flai. Problema quello
delle servitu’ che non puo’ piu’ essere affrontato come una questione del
territorio ma di tutta la Sardegna.
Riteniamo importante che il Presidente si faccia carico di questo problema che
gli dia un respiro nazionale e internazionale. Non e’ piu’ sostenibile che il
75% delle servitu’ militari in Italia sia nel territorio sardo, e che si spari
l’80% del materiale esplosivo in fase addestrativi, a Teulada. Quali sono i
vantaggi? Forse le migliaia di tonnellate di pesce ucciso e chissa’ quali
schifezze usano come materiale bellico. Non puo’ piu’ essere una battaglia del
Sulcis Iglesiente ma di tutti i sardi, per rivendicare il rispetto e la dignita’
Infangata, compresa quella della restituzione fiscale, per la quale abbiamo
fatto unitariamente a CISL e UIL e le altre forze sociali e istituzionali una
manifestazione il 1 dicembre a Roma per chiedere il rispetto delle norme e
ribadito la ferma volontà dei Sardi a rivendicare quanto dovuto dal Governo
Nazionale.
Ridimensionare l’area militare si puo’. Va percorsa una strategia
antimilitarista articolata su due livelli. Una battaglia legale condotta in
tutte le sedi nazionali e locali, e una mobilitazione di massa che utilizzi come
principale strumento la disobbedienza civile. Questo significa che non
possono essere solo i pescatori ma tutta la popolazione del Sulcis Iglesiente.
Che tipo di ricchezza? Gli esempi non ci mancano posti bellissimi ma i giochi di
guerra li escludono dai circuiti del turismo nazionale e internazionale, con
tassi di disoccupazione altissima e chi sa qual’e’ il prezzo che dovremmo
pagare?
Non sappiamo qual’e’ il materiale bellico usato dalle altre forze
internazionali che partecipano alle esercitazioni.
Questo pezzo del nostro territorio potrebbe entrare nel gioco perverso della
guerra preventiva che gli USA combattono nel mondo. Perchè le truppe che vanno
nei luoghi di guerra si addestrano qui, a Teulada.
Queste aree vanno restituite alle attività produttive per uno
sviluppo sostenibile .
Questo è un Congresso che si sta svolgendo anche in un contesto politico
istituzionale profondamente mutato. Come sapete il Governo ha approvato la
cosiddetta devolution, cambiano una serie di principi costituzionali che minano
l’esistenza stessa della nostra Carta Costituzionale. Rompe il principio di
solidarieta’ del sistema sociale, non garantisce uguaglianza di diritti e di
opportunità.
I guasti che ci ritroveremo ad affrontare non sono solo economici ma
anche morali, per le lacerazioni inferte al tessuto sociale e alla
convivenza civile.
Con il voto del 16 novembre il Parlamento ha approvato in via
definitiva le modifiche alla Costituzione, a sola maggioranza. E’ un fatto
grave, perchè la costituzione rappresenta l’identità collettiva di un popolo e
deve quindi scaturire da una ampia condivisione. Si e’ scelto invece di
modificare in profondita’ la nostra carta, stravolgendone i principi
ispiratori. La CGIL rinnova il suo giudizio negativo sulla riforma approvata
perché minaccia seriamente, con la devoluzione, la garanzia di universalita’ di
fondamentali diritti, accentua le differenziazioni fra zone ricche e povere del
paese, attacca la coesione e l’unita’ nazionale, smantella i fondamenti
della Costituzione repubblicana.
La CGIL ribadisce il proprio impegno a difesa della Costituzione, dei suoi
principi e dei suoi valori che consideriamo patrimonio comune. La nostra
organizzazione fa gia’ parte del Comitato salviamo la Costituzione assieme CISL
e UIL, riteniamo un fatto democraticamente rilevante che i lavoratori, le
lavoratrici, i pensionati, i disoccupati, i cittadini tutti, partecipino
attivamente alla raccolta delle firme per il referendum, al fine di abrogare con
il voto popolare il testo approvato.
E’ il primo congresso che si svolge in un contesto politico istituzionale,
quello della provincia del Sulcis Iglesiente che finalmente, dopo tanti anni
comincia ad assumere ruolo e spessore amministrativo. Questo soggetto
istituzionale ha numerose competenze, in materia ambientale, scolastica,
soprattutto di programmazione e di sviluppo.
Abbiamo posto e poniamo su questo ente molte aspettative perche’ interpreti
realmente i bisogni dei suoi 132.000 cittadini.
C’e bisogno di non perdere tempo in chiacchiere ce lo chiedono i lavoratori e le
lavoratrici, i pensionati, ma soprattutto i disoccupati che sono tanti, sono
troppi .
In questi anni abbiamo organizzato manifestazioni su manifestazioni, abbiamo
raccolto migliaia di firme, anche nella nostra provincia per impedire il
saccheggio dello statuto dei lavoratori. Abbiamo cercato di impedire in tutti i
modi l’approvazione della legge 30, la legge che istituzionalizza il precariato.
Su questa materia non abbiamo una posizione ideologica
Se flessibilità nei rapporti di lavoro significa la ricerca di una maggiore
differenziazione delle condizioni e delle opportunità, in modo da saturare tutte
le potenzialità di domanda e di offerta, non solo dobbiamo discuterne ma
abbiamo il dovere di farlo in fretta, perchè la piaga della disoccupazione è
ormai incontenibile.
Se, viceversa, flessibilita’ vuol dire abbattere diritti e tutele collettive, in
modo che sia solo il singolo a decidere quale prezzo ritiene accettabile per
dare e ottenere lavoro, senza alcuna regola se non quella del gioco tra domanda
e offerta, allora e’ bene che il sindacato si opponga con tutte le sue forze.
E’ sorprendente che, specie a sinistra, non si sia ancora costituito un argine
politico contro i questo tentativo tardo tatcheriano, come se non fosse ormai
evidente che, dietro il fumo del modernismo, si nascondono progetti di
involuzione sociale.
Vorrei capire ancora che cosa impedisce al centro sinistra di mandare un
messaggio semplice e chiaro della cancellazione della legge 30 voluta da questo
governo contrario al lavoro e ai lavoratoti? Quali sono quelle parti della
legge cosiddette progressiste ?
Questi ragionamenti rafforzano solo la Confindustria, ma perchè pensate che
siano andati a Roma i metalmeccanici il 2? Il contratto dei metalmeccanici non
si fa perché a fronte dei 105 euro richiesti vogliono mano libera sull’orario,
detto in parole povere la contrattazione non serve piu’ a niente !!!!
Siamo andati piu’ volte a Roma, sicuramente dobbiamo ritornarci, con i
lavoratori della Portovesme s.r.l., degli appalti, per denunciare la gravità
della situazione sociale ed economica della Sardegna, delle fabbriche del
territorio. Il declino degli assetti produttivi, industriali dell’isola, il
pericolo incombente di una drastica riduzione dei livelli di tutela, di
protezione sociale acuiti dalla finanziaria nazionale.
Tutti i giorni, oltre alle OO.SS. dei lavoratori registriamo le critiche anche
degli artigiani, delle associazioni datoriali per l’assenza di un programma
industriale, di adeguate politiche industriali.
I dati preoccupanti sulla produzioni sono direttamente proporzionali alla
disoccupazione che, costringono i nostri giovani a cercare fortuna altrove,
oltre tirreno.
Il saldo negativo demografico della popolazione ne e’ la riprova.
Le rappresentanze politiche e istituzionali locali devono comprendere seriamente
i pericoli della transizione attuale.
Il Sulcis Iglesiente sta perdendo 30 abitanti ogni mille residenti, quattro
volte superiore al dato regionale. C’è un saldo naturale negativo, nascono meno
persone di quelle che muoiono. Siamo un territorio in avanzata fase di
invecchiamento, in conseguenza della particolare intensita’ raggiunta dal
deflusso di giovani in cerca di opportunità di lavoro, perdiamo circa 500
giovani all’anno.
Le stime fatte da alcuni istituti di ricerca sono estremamente preoccupanti,
evidenziano il costante decremento degli investimenti. Possiamo ancora
sopportare il progressivo ridimensionamento del nostro apparato
industriale? Nell’ultimo decennio abbiamo perso tutto il settore minerario. I
ritardi e la disastrata infrastrutturazione ci pone all’ultimo posto fra le
regioni italiane. Fatto 100 l’indice medio, la Sardegna si attesta su 58,7.
La condizione del sistema dei trasporti aumenta la vulnerabilita’ delle aziende.
La condizione di isola, l’assenza della continuita’ territoriale delle
merci amplifica le diseconomie, mettendo fuori mercato le nostre aziende.
La popolazione improduttiva, su quella in eta’ di lavoro e’ molto elevata, e’
quasi il doppio di quella media provinciale. Il Sulcis Iglesiente perde la
caratteristica di realta’ produttiva, e acquista la realta’ di terra di ex
lavoratori e pensionati che basa la sua economia sui trasferimenti da pensione e
sempre meno sui redditi da lavoro.
Il contributo dato da questo territorio alla generazione di ricchezza
nell’isola si riduce fortemente come quello di offrire opportunita’ di lavoro e
di reddito a discapito dell’attrattivita’ del capoluogo cagliaritano.
La mancata soluzione dei problemi energetici e infrastrutturali, possono nel
giro di breve tempo provocare un’implosione economica prima, e la mancanza di
alternative valide, la morte del territorio.
Il timido tentativo di cambiare rotta, attraverso gli strumenti della
programmazione negoziata si e’ rivelato un fallimento che ha inutilmente
bruciato risorse e le speranze di tanti disoccupati.
La forte concentrazione dell’imponibile e’ rappresentato dai comuni di Carbonia
e Iglesias. Buona parte della ricchezza del Territorio e’ concentrata in questi
due comuni.
Programmazione mortificata anche dalla provincia di Cagliari, che si e’
rifiutata di convocare il tavolo di partnariato per le verifiche, contravvenendo
vergognosamente anche ai deliberati istitutivi del contratto d’area.
Di una qualche positivita’ sono stati i patti verdi, con 10 milioni di
investimenti e capitali propri per 2 milioni di euro. Sono stati finanziati 11
attivita’ agrituristiche, 5 attivita’ agroalimentari, 4 miglioramenti
colturali, 2 allevamenti ittici, 1 di pesca e turismo, 138 addetti e un costo
medio pari 78mila euro. Il Patto dell’iglesiente con 12 milioni di euro, e 100
nuovi posti di lavoro. Se pensate che il contratto d’area metteva in circolo
circa 60 milioni di euro.
Il rapporto disoccupati abitanti è pari al 24, 38 con punte anche del 31,26 e un
tasso medio di disoccupazione del 32%.
Diventa quindi fondamentale rilanciare le iniziative per lo sviluppo difendendo
il presente, ma riprogettando il futuro. A queste aziende metallurgiche dobbiamo
chiedere di più, per la loro caratteristica di grandi consumatori di energiae di
risorse non rinnovabili, partendo dalle cose che dobbiamo fare. Siamo d’accordo
con loro sulle questioni legate all’energia, siamo
d’accordo sull’insufficiente apparato infrastrutturale. Siamo pronti a
riprendere la battaglia per la definitiva soluzione del problema energetico, per
dare completa attuazione alle intese tra Governo-sindacati-regione, contenute
nel documento del 22 settembre e 19 dicembre 2002, relativi
all’abbattimento dei costi energetici, al potenziamento del parco di generazione
e al ciclo integrato miniera-centrale per il carbone sulcis.
La Giunta regionale ha deliberato il Piano energetico regionale, pero’
guardate qui c’è qualcosa che non va .
Non si puo’ pensare di salvaguardare l’industria e pretendere che i
produttori di energia elettrica, convertano gli impianti all’utilizzo del
gas!!!!! Non e’ che i mezzi giustificano i fini.
Il 20 novembre dopo tanto, e’ stato pubblicato il bando di affidamento della
concessione integrata per la gestione della miniera di Carbone Sulcis e la
produzione di energia elettrica secondo quanto disposto dal decreto
legge 2005 di cui all’art.11 comma 14.
Questa considerazione mi consente di introdurre un ulteriore elemento che forse
ad alcuni è sfuggito. La Sardegna, con i suoi 208 mila HA dell’Ente foreste, e
soprattutto il nostro territorio che ha il tasso di boscosità piu’ alto,
fornisce un importante contributo per il raggiungimento degli obiettivi di
riduzione delle emissioni di CO2 programmate dal governo italiano.
Infatti il protocollo di Kioto permette ai paesi firmatari di venire incontro ai
loro obblighi, piantando delle foreste che assorbano l’anidride carbonica,
piuttosto che riducendo le emissioni.
La Sardegna, quindi, contribuisce in maniera più che adeguata al mercato dei
carbon credit.
Un altro contributo fornito al raggiungimento degli impegni di Kioto può essere
fornito dalla produzione legnosa destinata a combustibile e fornita dall’Ente
foreste.
C’è una differenza sostanziale tra l’energia prodotta con combustibili fossili e
con biomassa: bruciare i primi rilascia CO2 immobilizzata per milioni di
anni nei giacimenti biologici; viceversa la combustione della biomassa
restituisce all’atmosfera la CO2 gia’ assorbita dalle piante e, se il ciclo
produttivo e l’uso delle risorse rimangono inalterati nel tempo, non causa un
aumento complessivo di CO2.
Tutto ciò si traduce in un risparmio netto in termini di carbon credit
eventualmente da acquisire. Forse qualcuno di voi pensa che l’iniziativa
dell’Alcoa di mettere a dimora un milione di alberi sia solo filantropismo? O
non sia finalizzato ad acquisire carbon credit?
In questo senso va vista favorevolmente l’iniziativa di Italia lavoro, la Asl
7, la Cooperativa Mediterranea sull’alimentazione di un cogeneratore a biomassa,
che consentira’ anche l’assunzione di un gruppo di LSU.
Anche questa ricchezza che noi abbiamo va coltivata e curata promovendo un
rinnovato interesse per il patrimonio forestale dell’Ente e per quello dei
privati. Quindi il bosco non è solo fonte di legname, resina, sughero, funghi e
bacche, ma anche di molti altri benefici di rilevanza sociale.
In questo senso l’attivita’ forestale, tanto vituperata, e la promozione di una
campagna di sensibilizzazione e di informazione sulla
multifunzionalita’ forestale potrebbe rappresentare un utile strumento per la
sua valorizzazione. Questo anche alla luce della considerazione che gran parte
delle funzioni dell’attività forestale che contribuiscono alla sostenibilità non
ricevono una adeguata remunerazione dal mercato. La migliore conoscenza delle
esternalità positive, prodotte dalle foreste e il tentativo di stimarne il
valore economico rappresentano azioni concrete da rendere minoritario chi non
intende remunerare questo fondamentale contributo alla sostenibilità.
Per fare in mod che il concetto di multifunzionalità e di sostenibilita’
smettano di essere teoriche congetture per diventare fatti concreti dell’agire
politico economico.
Vedi i compendi forestali di Marganai-Oridda- Monti Mannu, Pantaelo
Satantadi-montinieddu, stiamo parlando di quelli più importanti .
Quindi andrebbero sviluppate seguendo alcune linee strategiche importanti:
politiche di marchio, direct marketing, politiche di green procurement,
integrazione turismo foreste, impegni di Kioto.
Il momento contingente e’ delicato e importante, forse qualcuno non si e’
ancora reso conto che con un tasso di occupazione nel 2004 pari a 61,8 per i
maschi e 37,9 per le donne; un tasso di disoccupazione del 14,3 per i maschi e
del 18,1 per le donne non si fa molta strada .
Fenomeni di disgregazione social si sono gia’ verificati sono stati ricondotti
a teppismo noia, guardate non e’ solo questo c’è qualcosa che cova sotto la
cenere basta un non nulla perchè si scateni una rivolta sociale. I fenomeni dei
banlies parigini sono dietro l’angolo. Bisogna fare in fretta e bene.
L’assenza di politiche serie, per la famiglia, per la conoscenza, per il lavoro
, per i diritti
Stanno mettendo a rischio la stessa democrazia di questo paese, le
modifiche alla costituzione ne sono un esempio. La tripartizione dello stato
sarà seriamente messa in discussione. L’ingerenza del potere politico su quello
giudiziario sara’ uno degli esempi.
Non abbiamo smesso un attimo siamo qui a ricordare a denunciare gli effetti di
scelte sciagurate, si sono preoccupati del mercato, delle societa’ di capitali,
degli interessi del Presidente del Consiglio
Ai sindaci e ad alcuni sembra che tutto cio’ non interessi. Perche’ ho
voluto dire questo? Il settore metalmeccanico, quello industriale resta ancora
il piu’ importante, merita piu’ attenzione anche in sede politica. E fra i mezzi
di comunicazione. (stampa locale a parte) C’è una sorta di rimozione dei
problemi dei lavoratori, la cultura dominante considera marginale le loro
condizioni.
Sembra che tutto cio’ sia in linea con la deindustrializzazione, con la
smaterializzazione, forse sono convinti che non c’è più bisogno di industria.
Bisogna riposizionare il nostro impegno per porre al centro dell’attenzione
il lavoro, i lavoratori. Dobbiamo difenderci non solo dalle difficoltà
oggettive, ma anche da quelli che in maniera strumentale e provocatoria
utilizzano le questioni ambientali non nell’interesse generale ma per proprio
tornaconto.
L’ambiente è un problema che riguarda il sindacato, riguarda i lavoratori,
riguarda le popolazioni, ma soprattutto le aziende che devono farsene carico.
Quanto dei profitti vanno al miglioramento delle tecnologie di processo per
eliminare l’inquinamento o abbatterlo drasticamente. Quanto dei profitti vanno a
migliorare le condizioni di lavoro rispetto alle emissioni di ogni tipo.
Quanto di quei profitti vanno alla ricerca.
Va sicuramente migliorato il confronto negoziale perché le condizioni di
lavoro siano oggetto di costante monitoraggio e si ricerchino adeguate soluzioni
produttive.
Assumere questo come linea guida significa migliorare anche le condizioni di
lavoro fuori dai posti di lavoro. Sostanzialmente sto chiedendo di assumere un
ruolo piu’ deciso e marcato alle segreterie di categoria .
Dobbiamo sostanzialmente procedere a una riqualificazione del sistema
territoriale, che non puo’ riguardare le singole istituzioni di governo ma anche
le singole imprese e loro associazioni. Perché un sistema territoriale è
qualificato, o desertificato a seconda della differenza più o meno significativa
delle capacità competitive delle singole imprese, e la sua progressiva
qualificazione costituisce una pista di lavoro a cui le stesse imprese devono
concorrere. A noi pare questo, il campo più appropriato su cui orientare in
termini, non di capitalismo compassionevole, il concetto di responsabilità
sociale dell’impresa, cioè chiedendo alle aziende di concorrere economicamente a
questo processo di qualificazione del sistema economico territoriale.
Vorremmo avviare una riflessione sull’uscita dell’intero territorio dalla
dichiarazione di area ad alto rischio ambientale. Dichiarazione che a suo
tempo e’ servita ad imporre modifiche importanti alle industrie e agli impianti
di produzione energetica, soprattutto per reperire ingenti risorse per
l’attivita’ di ripristino e bonifica.
E’ stato fatto molto, non possiamo negarlo soprattutto dalle aziende, non
possiamo dire le stesse cose per il pubblico. Ma, il completamento è urgente se
vogliamo farne un vero distretto industriale manifatturiero. Competitivo e
funzionale con regole e tempi certi per i nuovi e possibili insediamenti
produttivi.
L’ultima ricerca, sulla qualità dell’area, condotta dal DRIAS, che ha campionato
i bambini delle scuole elementari, ha confermato questi dati qualitativi che già
conoscevamo, dobbiamo respingere gli eccessi delle aziende e prendere
posizione sulle carenze e inadempienze della Pubblica amministrazione, che in
questo decennio si è comportata in maniera atipica.
Va ridefinito anche il nostro modo di essere, di fare sindacato nei posti di
lavoro. Va sviluppato un sistema di contrattazione e di controllo su tutto ciò
che attiene ai piani della sicurezza e ad azioni preventive per la tutela della
salute e per impedire infortuni, malattie professionali, morti sul lavoro
Perché dico questo?
Perché se vogliamo avere uno sviluppo diverso, piu’ equilibrato dobbiamo creare
le condizioni, nessuno investe in un’area interessata dalla dichiarazione di
alto rischio ambientale.
Facciamo fatica a reggere la marea di bisogni soprattutto primari, le famiglie
sono disperate, sempre piu’ povere, forse lor signori pensano o sperano di
risolvere il problema con la carita’ con le mance, con le prebende? E quando in
molte famiglie si aggiunge la disperazione di avere un non autosufficiente, la
situazione oltreche’ disperata diventa drammatica!!!!.
Il tempo delle analisi è finito, dalle parole bisogna passare ai fatti
c’è l’estrema necessità di ricondurre la pianificazione sociale a unità.
Lo star bene deve poter contare su un processo estremamente flessibile e
continuamente adattabile, diversificando i servizi e le risposte a seconda dei
livelli di assistenza.
Un target riferito ad anziani, disabili, minori, immigrati adolescenti, va
studiata la possibilità di offrire servizi di tipo leggero, comunitario,
domiciliare, residenziale, emergenziale.
Mediante il sostegno e la responsabilizzazione familiare, rafforzando i diritti
dei minori, potenziando gli interventi di contrasto alla povertà.
Sostenendo con i servizi domiciliari le persone non autosufficienti-anziani e
disabili; prevenendo le dipendenze e l’inclusione degli immigrati.
E’ vero che la regione sarda sta adottando un nuovo strumento di programmazione,
attraverso i piani locali unitari dei servizi, distinguendolo in tre aree di
intervento fondamentali: sanitario, sociosanitario, sociale, che qualche volta
possono convergere in un bisogno complesso coinvolgendo tutte le aree.
Il Piano sanitario della Sardegna individua i Distretti come luoghi
fondamentali di:
- Partecipazione sociale, analisi dei bisogni, definizione delle priorità.
Il Distretto garantisce - assistenza specialistica ambulatoriale
- Attività per la prevenzione e la cura delle tossicodipendenze;
- Attività consultoriali per la tutela della salute dell’infanzia, della donna e
della famiglia;
- Servizi rivolti a disabili ed anziani;
- Servizi di assistenza domiciliare integrata;
- Servizi per patologie da HIV e per le patologie in fase terminale;
Vi pare che garantisca tutto questo? Vi pare che sia garantito l’accesso
unitario a tutti i servizi socio sanitari?
Il Distretto sanitario dovrebbe stabilire gli obiettivi di salute definiti nei
piani sanitari locali
- Predisponendo l’accesso unitario a tutti i servizi socio sanitari;
- Potenziando l’informazione agli utenti;
- Definendo i percorsi socio assistenziali;
- Sperimentando i nuclei di cure primarie.
Le assemblee dei sindaci di distretto si sono riunite? Hanno definito linee di
indirizzo? Le amministrazioni comunali hanno coinvolto le forze sociali? La
Provincia Carbonia-Iglesias ha un suo piano? Ha coinvolto le forze sociali? La
Asl 7 che cosa sta facendo ?
Si sta organizzando rispetto agli standard di funzionamento dell’offerta
assistenziale?
Rispetto alle linee guida per la valutazione del bisogno? Rispetto alle linee
d’indirizzo per la presa in carico e la valutazione dell’unità territoriale?
Rispetto alla determinazione degli ambiti territoriali, delle modalità e degli
strumenti per la gestione unitaria degli interventi ?
Come pensa di rispondere ai livelli essenziali per prestazioni sociali? E a
quelli socio-sanitari?
Sono questioni che vanno affrontate da subito non fra un anno o due.
E i comuni devono ancora litigare? O non sarebbe meglio trovare punti di
incontro attraverso l’unione di più comuni nella gestione unitaria dei servizi
sociali la norma art.4 l.r.12/05 prevedeva ambiti territoriali di almeno 4
comuni (da 5000 a 25000 abitanti), riferito al piano di riordino degli ambiti
territoriali per l’esercizio delle funzioni socio assistenziali art 16.
Anzi non sarebbe male che si cominciasse a riflettere su una gestione, anche di
altri servizi, in maniera unitaria (p. es. alla raccolta differenziata dei RSU e
di altri ancora.)
Va ritrovata la stessa unità di intenti e determinazione che nasce dal nostro
passato dalla storia vissuta e nei momenti più difficili del movimento operaio
del Sulcis Iglesiente.
Come sindacato vogliamo lanciare questa sfida di rinascita del territorio su
basi nuove e più avanzate, non vogliamo farlo da soli ma insieme a CISL e UIL .
Vogliamo proporre intanto due momenti di lavoro congiunto, chiamiamoli come
vogliamo, Forum, convegno, conferenza, l’importante è che siamo d’accordo sugli
obiettivi: uno sul terzo settore e l’altro sulla razionalizzazione dei
servizi degli enti locali. Chiediamo a tutte le forze sociali un impegno e una
partecipazione convinta. Abbiamo il dovere e la responsabilità che ci deriva
dalla gente che rappresentiamo di proseguire, per elaborare una proposta su cui
avviare un confronto o seguire una strategia di intervento.
Sempre piu’ bene fanno i pensionati a Marciare, non per consumare scarpe, non
per chiedere voti, ma per rivendicare una legge piu’ giusta, e servizi più
efficienti.
Ci stanno preparando grandi sorprese!! Che tipo di futuro? Un futuro incerto, un
futuro precario che qualcuno vorrebbe santificare. Dove tutto diventa piu’
difficile, anche avere un ammortizzatore sociale. Costruiamo iniziative che
comportano grossi sacrifici, anche per le famiglie, spesso mettono a
repentaglio la vita, per mettere al centro dell’agenda politica il lavoro.
In questi anni abbiamo combattuto la legge 30, perchè non solo ha moltiplicato
le tipologie contrattuali, spianando la strada alla precarizzazione
generalizzata, ma ha anche favorito lo spezzettamento delle aziende e costretto
il sindacato ad assumere un ruolo che non è suo.
Questa flessibilità non è il frutto di una rivoluzione tecnologica,ma dei
rapporti di forza che hanno puntato tutto su un basso costo del lavoro, i cui
esiti economici sono sotto gli occhi di tutti.
La legge di bilancio 2006 determinerà una forte tensione nei conti e nel
funzionamento di enti locali e regioni .
L’ennesima decisione di sottofinanziamento del sistema sanitario alle regioni,
per il taglio delle spese correnti agli enti locali territoriali costringerà le
amministrazioni, unitamente al dimezzamento del fondo sociale, a ridurre la
quota di spese per servizi , welfare e investimenti.
Per il forte ridimensionamento occupazionale derivante dal blocco del turn-over
e dalle limitazioni di spesa per il personale fisso e precario che determinera’
un ulteriore abbasamento del livello e della qualita’ dei servizi erogati ai
cittadini; per l’inconsistenza del finanziamento per i rinnovi contrattuali del
settore pubblico.
La manovra finanziaria peserà in particolare su lavoro dipendente e pensionati,
che saranno i piu’ colpiti da uno stato sociale in ridimensionamento, pur
considerando che i loro versamenti Ire rappresentano il 75% del totale.
Il Governo cerca di mascherare queste scelte antisociali, con la mancia del 5
per mille destinabile dal contribuente, tra altri scopi di rilevanza generale,
anche al volontariato. Le donazioni fiscalmente incentivate e il 5 per mille non
possono mai sostituire il finanziamento pubblico.
La cosa importante è che le amministrazioni locali contribuiscono a realizzare
il 79% degli investimenti pubblici nel paese, non si può certamente pensare ad
un aumento della tassazione locale per sostenere la politica d’investimento dei
comuni, in particolar per gli interventi sociali diretti, pur in presenza di
risorse tagliate dalla finanziaria per il 4 anno di seguito.
Siamo costretti a costruire un’iniziativa più forte e più efficace nella
contrattazione sociale e dello sviluppo territoriale. L’accesso ai servizi, la
programmazione partecipata, l’integrazione delle politiche sociali con quelle
delle sanità, della formazione professionale e del lavoro, richiedono a questo
sindacato un rinnovato e piu’ qualificato impegno per contribuire a costruire un
welfare locale in grado di rendere esigibili i diritti sociali delle persone e
delle famiglie.
L’esercizio della contrattazione territoriale ci richiederà un grande impegno e
una forte coerenza nelle proposte, consapevoli che la limitatezza delle risorse
ci costringerà a compiere scelte mirate a individuare priorità ed anche a
dirimere eventuali contrasti o tensioni fra soggetti diversi pur condividendo
finalità e strumenti del ruolo rivendicativo e negoziale nel campo delle
politiche sociali.
Questo compito impegnerà sempre di più il sindacato sulla necessità di indagare
la realtà sociale, i bisogni che esprime, per individuare attività di interesse
generale su cui sviluppare la partecipazione e l’autoorganizzazione dei
cittadini.
Va superato il cosiddetto dumping contrattuale superando le differenze
retributive e normative per impedire l’esternalizzazione del lavoro sociale,
basato solo esclusivamente sull’abbattimento dei costi soprattutto quello del
lavoro, offerto in gran parte alle donne
Abbiamo la responsabilità di favorire l’ottimismo della ragione, di ricreare un
clima di fiducia. La fiducia non è ne un bene, ne un servizio non appare in
alcun conto economico, è assente nei bilanci, non si insegna da nessuna parte.
Si può misurare, ma gli indicatori usati, sono troppo soggettivi e sfuggenti. E’
sostanzialmente il silenzioso amalgama di ogni comunità, la ragione di fondo di
ogni rapporto, di tipo familiare, economico. Senza fiducia non investono neppure
le aziende, e si perde anche la consapevolezza e l’orgoglio di quello che si è.
In questi mesi ho avuto occasione di soffermarmi su alcune iniziative
interessanti, a dire il vero con una segreta speranza: che siano contagiose e
che ognuno a modo suo faccia scuola. Mi sto sempre domandando da quando ho
questa responsabilità se esiste un particolare spirito del Sulcis Iglesiente, un
modo di sentire comune che si trasforma, davanti agli ostacoli, in una rinnovata
capacita’ di reagire e di innovare. Uno spirito che coniuga realismo e
progettualità.
Vogliamo introdurre un concetto diverso di territorio. Non più considerarlo un
fattore fisico da prendere in considerazione per minimizzare i costi di
trasporto, ma come un’entita geografica fatta da un insieme di persone e di
istituzioni con la stessa storia, la stessa cultura e lo stesso modo di pensare.
( Becattini, Paci,Garofoli, Stopper,Rullani).
“Il territorio è una realtà in continuo movimento, produce e fornisce a coloro
che lo abitano continue conoscenze, in cui avvengono i processi che si
ripercuotono sul sapere e sul modo di fare degli individui . Percio’ il
territorio non è indifferente agli agenti economici, esso conta perché è la sua
storia che conta, perché le sue risorse sono dive
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