Relazione FRANCESCO BARDI
Premessa
XV Congresso CGIL
IX Congresso FIOM – CGIL Sulcis - Iglesiente
I° Congresso FIOM – CGIL Provincia di Carbonia – Iglesias
Un appuntamento straordinario in un momento importante per il nostro futuro
Valore politico del Congresso
Riprogettare il paese: lavoro, saperi, diritti, libertà
Riprogettare il territorio
Il ruolo del nostro sindacato
La grande sfida che ci attende
La difesa della Costituzione
Premessa
Benvenuti a questo Congresso,
il 15° Congresso della CGIL, la confederazione generale italiana del lavoro che
festeggia quest’anno i suoi cento anni di attività e di impegno per il riscatto
dei lavoratori. A poco più di 100 anni dal primo sciopero generale nazionale
indetto per i minatori uccisi a Buggerru nel 1904 durante uno sciopero
proclamato per richiedere la riduzione dell’orario di lavoro. Sono queste le
nostre profonde radici, a cui siamo fieri di far riferimento ideale.
E ancora il IX Congresso della FIOM del Sulcis – Iglesiente che vuole porre con
forza e coraggio la necessità di un rinnovato impegno politico – sindacale per
dare peso ad una presenza centrale nella società di una categoria che sta
subendo un profondo attacco alle proprie condizioni di vita e di lavoro.
E ancora benvenuti al 1° Congresso della Provincia di Carbonia e Iglesias, che
auspichiamo diventi la regia di una progettazione integrata che ci veda
protagonisti con le altre forze sociali di un cambiamento profondo che consideri
centrale la sostenibilità sociale, ambientale ed economica e sia fonte di nuove
opportunità e di autosviluppo per la nostra comunità.
Non è certo necessario leggere sul giornale i dati dell’ultimo rapporto CENSIS
per prendere coscienza del dissesto e del declino dell’industria, del problema
della mancanza di lavoro, dell’instabilità dell’occupazione e della precarietà
del lavoro o del dramma dell’istruzione, di un diritto allo studio “negato” a
migliaia di ragazzi.
E non lo è neppure per constatare che è pesantemente aumentato anche in Italia
il divario tra ricchi e poveri, con 7 milioni e mezzo di persone che vivono in
povertà relativa e tanti altri milioni che non arrivano a “fine mese”.
Il XV congresso della CGIL “vuole misurarsi innanzitutto con la gravità e la
profondità della crisi del paese nell’obiettivo e nella necessità di definire
una proposta e un progetto per la sua ricostruzione, per la sua rinascita civile
e morale, partendo, come giusto e doveroso per una grande forza di
rappresentanza del lavoro, dalla centralità del valore del lavoro. E’ importante
richiamarsi alla centralità del valore del lavoro, non solo come portato dalla
nostra rappresentanza, ma indicandolo come valore di riferimento per l’intera
organizzazione sociale, intendendo il lavoro in tutte le sue forme, in
alternativa alla centralità del mercato, per ridare forza in questo modo al
concetto di “Repubblica fondata sul lavoro” come tratto distintivo della nostra
comunità nazionale. Il lavoro e la conoscenza devono diventare il bene comune
che orienta una nuova e diversa fase dello sviluppo economico e produttivo”.
Ormai 18 mesi ci separano dall’ultimo congresso della FIOM del Sulcis –
Iglesiente e nonostante lo scenario estremamente problematico, intravediamo la
possibilità di grandi opportunità che dovremmo saper cogliere. Seppure in una
situazione così grave, a noi spetta il compito di prospettare un’ipotesi alta,
di progetto politico sindacale attraverso il quale promuovere una iniziativa
concreta che affronti e risolva le drammatiche situazioni che si vivono nel
territorio e più in generale in Sardegna, ma così collegate col resto del paese
e col mondo intero.
Seppure faticosamente possiamo dire che il livello di tenuta organizzativo del
nostro sindacato si è dimostrato capace di affrontare situazioni pericolose di
messa in discussione dei diritti conquistati con sacrifici negli anni. Ma ci
rimane da mettere in campo tutta la nostra determinazione perché il tentativo da
parte del governo, attraverso la legge 30 di mercificare il lavoro rendendolo
precario, instabile, ricattabile, va fermato con una proposta e un progetto da
costruire per rilanciare la centralità del valore del lavoro e il diritto di
tutti ad avere un’occupazione stabile ed un reddito certo.
E’ necessario aprire una grande discussione, con i nostri iscritti prima di
tutto, di quanto sono importanti le questioni poste dalla CGIL e dalla FIOM:
riprogettare il paese attraverso quattro parole chiave - lavoro, saperi,
diritti, libertà e come ciò si inquadra nel loro mondo e nella loro vita
quotidiana. Vorremmo che questa discussione avviasse nel paese e tra i
lavoratori e i cittadini una grande partecipazione alla costruzione di un
progetto collettivo di rinnovamento e di ricerca di una nuova qualità della vita
democratica.
In Sardegna, oggi, usciti dalla più mortificante legislatura della storia
dell’autonomia, nel bene e nel male stiamo cercando di “tenere la schiena
dritta”: siamo la regione che ha vincolato le coste per impedire ulteriori
speculazioni, che mette in discussione l’occupazione militare del suo territorio
con risultati che sembravano impossibili, che si contrappone al centralismo
fiscale del governo. Rivendicare la restituzione alla Sardegna delle quote IRFEF
e IVA da parte dello Stato, è una battaglia di giustizia nei confronti dei sardi
che ci vede in prima fila con forza e notevole impegno. Quei soldi sono
indispensabili per la nostra Regione e devono essere trasformati in opportunità
reali di lavoro e crescita economica. Devono diventare risorse strategiche che
rendono praticabili le politiche di sviluppo per il lavoro, per il sociale, per
la formazione che la regione dovrà mettere in campo ascoltandoci e
coinvolgendoci.
Una svolta è urgente e necessaria perché permane a tutt’oggi la grande emergenza
Sardegna nel mezzogiorno: le storiche difficoltà presenti nei settori della
chimica e della metallurgia, la crisi energetica che coinvolge anche altri
settori importanti della nostra economia, sono la dimostrazione che poco si è
fatto. Non c’è qui un chiaro e deciso distinguo fra prima e oggi della politica
regionale in materia di programmazione industriale. E ci vorrebbe sicuramente
una maggiore convinzione nell’affrontare le troppe emergenze economiche e
sociali dell’isola.
Razionalizzare le società a partecipazione regionale ci pare cosa responsabile,
non per questo siamo d’accordo con una politica di privatizzazione a tutti i
costi. La logica che ha voluto l’abbandono di qualsiasi intervento pubblico,
ritenendo che il bene collettivo fosse perseguibile attraverso gli automatismi
del mercato, si è rivelata un grave errore. Ma, in una situazione povera di
progettualità tutti chiedono l’intervento pubblico, dalle imprese a chi vuole
mantenersi posizioni di privilegio o ad altri che pensano a proprie scalate. Non
si tratta, quindi, di dire a priori si o no all’intervento pubblico. Ci si deve
domandare se tale intervento è necessario, a tutela innanzitutto di beni o
presenze strategiche nell’interesse del paese, della regione, ma soprattutto dei
cittadini e dei lavoratori.
L’aspetto prioritario è che il potere pubblico deve diventare capace di
indirizzo e di coordinamento delle diverse e varie presenze territoriali
pubbliche e private. E questo deve valere oggi anche per le grandi scelte che si
stanno compiendo per quanto riguarda i beni minerari e le prospettive del Parco
Geominerario Storico Ambientale della Sardegna.
Dobbiamo metterci tutto il coraggio e la determinazione possibile per rompere
col passato e cambiare direzione.
E ci rivolgiamo in tal senso “a tutti i soggetti sociali perché condividano
questa esigenza e favoriscano tale cambiamento e un progetto alto fatto di
valori, scelte, contenuti, obiettivi e strumenti, determinazioni e passione
civile per la ricostruzione e la rinascita del paese e del nostro territorio”.
Riprogettare il paese
L’estensione dei diritti
Soffriamo pesantemente delle devastanti ricadute negative prodotte da una
globalizzazione gestita da un liberismo selvaggio che ha creato modelli sociali
insostenibili in tutto il mondo, che ha favorito il concentramento del potere
economico nelle mani di un gruppo ristretto di società multinazionali e ha fatto
prevalere un modo di produrre basato sullo sfruttamento incondizionato delle
risorse naturali, ambientali e soprattutto umane, aumentando sempre di più la
forbice tra zone “ricche” e zone “povere” del pianeta. E’ necessario tutto il
nostro impegno perché sia costruito un percorso politico che porti rapidamente
ad un nuovo ordine mondiale, che faccia superare le difficoltà che oggi la
realtà europea sta affrontando.
La crisi che oggi attraversa il modello di costruzione dell’Europa pone al
sindacato il compito di assumersi con maggiore forza la propria responsabilità
nel rilancio dell’Europa sociale, dei diritti, delle regole comuni, della pace.
Un’Europa decisiva per dare vita ad una globalizzazione rispettosa delle
popolazioni dell’intero pianeta, delle loro culture e dei loro bisogni. Il mondo
ha necessità di un nuovo equilibrio multipolare e di una nuova bussola di
governo dei processi di globalizzazione, quella dei diritti universali e dello
sviluppo equo, per questo ha bisogno di una profonda riforma degli organismi
sovranazionali come l’ONU. Abbiamo detto che la mondializzazione è un processo
che va governato e che deve avere come faro quello dei diritti del lavoro e
della cittadinanza, dove “diritti del lavoro” significa norme, tutela, significa
continuare la lotta contro il lavoro minorile, significa diritto allo studio, a
retribuzioni, orari, condizioni di lavoro e di ambiente di lavoro eque,
significa sicurezza sociale, significa democrazia; significa lotta alla povertà
e alla fame nel mondo.
La costruzione di una cultura della pace, della risoluzione non violenta dei
conflitti, della opposizione alla guerra, deve continuare ad essere al centro
della nostra iniziativa politica, anche perché, come dicono le nostre tesi
“ripudio della guerra, della violenza e del terrorismo e promozione ed
estensione dei diritti del lavoro e dell’ambiente sono indissolubilmente legati.
Il lavoro prima di tutto!
Il primo obiettivo di una politica di cambiamento deve essere la lotta per il
lavoro e contro la precarietà del lavoro che, per le sue dimensioni, le sue
conseguenze sociali, è oggi la piaga più insostenibile della condizione di molte
lavoratrici e di molti lavoratori e della condizione dei giovani e di una intera
generazione. Dobbiamo sostenere un’economia che veda anzitutto il diritto di
uomini e donne ad avere l’opportunità di lavorare, di progredire e di migliorare
la propria esistenza. Occorre rivendicare il diritto ad un lavoro stabile per
tutti collegando la battaglia per il lavoro con quella per la riduzione
dell’orario e per la difesa del potere d’acquisto del salario.
“Questo obiettivo primario va sostenuto da una esplicita volontà politica, da un
quadro di strumenti adeguati e da un metodo fortemente partecipato”.
La conoscenza: bene comune per la qualità dello sviluppo
Nella nostra società dove la quantità e la qualità delle conoscenze e la
capacità di accesso al sapere costituiscono la chiave per l’esercizio attivo dei
diritti di cittadinanza e per la fruizione dei diritti individuali e collettivi,
la conoscenza costituisce un grande valore in sé, ed uno strumento
indispensabile per lo sviluppo.
Se in Sardegna i tassi di abbandono scolastico sono fra i più alti d’Italia e
migliaia di ragazzi non accedono all’istruzione superiore, sono evidenti le
ripercussioni negative di ciò, sulle nostre prospettive di sviluppo e di
rinnovamento, anche considerando le continue e velocissime evoluzioni nel campo
delle produzioni industriali e delle tecnologie applicate in tutte i settori.
Appare, quindi, urgente e strategica la necessità di garantire a tutti il
diritto a disporre delle condizioni necessarie per conseguire il successo
formativo fino al diploma superiore e a poter fruire di una formazione continua
per tutto l’arco della vita. Il sapere, quindi, deve estendersi ed essere
accessibile a tutti, nel suo significato di formazione, informazione, cultura,
memoria.
Riprogettare il territorio
Ci hanno definito la “Cenerentola” anche fra le province sarde: una popolazione
tra le più anziane della Sardegna forse a causa dello spopolamento che negli
ultimi dieci anni ha fatto diminuire la popolazione del 5,6 per cento, cinque
volte quanto la media sarda; dati record sulla disoccupazione attestata oltre il
35 per cento contro una media sarda del 28%. E una realtà industriale tra le più
importanti della Sardegna che continua ad essere in crisi e dove appare
“l’incapacità a programmare interventi che vadano oltre la salvaguardia dei
posti di lavoro” indica il Rapporto d’area dei tecnici del Centro Regionale di
programmazione. E ciò nonostante le risorse investite (negli ultimi anni nel
sulcis-iglesiente sono stati spesi 468 milioni di Euro, finiti in una miriade di
micro-progetti isolati e quindi con scarse ricadute).
L’industria nella Provincia di Carbonia-Iglesias, nonostante la situazione di
crisi, ha una rilevanza sociale ed economica indiscutibile. Deve essere
sostenuta con programmi di politica industriale che mettano a punto strategie ed
azioni finalizzate all’avvio di processi di sviluppo industriali durevoli e
sostenibili. Le opportunità emerse devono in tempi rapidi trasformarsi in azioni
concrete: l’accordo sul costo dell’energia tra Stato, Regione Sardegna e
Imprese, il Piano di Trasformazione del Carbone Sulcis devono finalmente
consentire di affrontare la criticità degli alti costi energetici per le imprese
energivore di Portovesme.
La giovane Provincia ha la grande responsabilità di agire da coordinatore e da
regista di una progettazione integrata: “La provincia dovrà fare da direttore in
maniera che non suonino cento solisti, ma una grande orchestra” ha dichiarato il
Presidente.
Per una nuova politica sostenibile è fondamentale la qualità delle politiche
territoriali che si proponga di valorizzare maggiormente le risorse ambientali e
umane locali, le infrastrutture che rendono fruibili queste risorse,
l’innovazione tecnologica e la diffusione dell’innovazione, la promozione di
centri di formazione e di conoscenza, il rigore nel rispetto della legalità, la
messa in sicurezza del territorio, il rispetto dell’ambiente, la valorizzazione
del lavoro.
Dobbiamo essere in grado di progettare, attraverso il coordinamento tra i
diversi livelli istituzionali (comuni, provincia, regione, stato centrale, UE)
politiche di sostegno finanziario e organizzativo a programmi di sviluppo locale
integrato.
Dobbiamo dotarci di una politica energetica che assuma realmente i vincoli del
protocollo di Kyoto e dobbiamo, quindi, considera prioritario l’obiettivo della
riduzione delle emissioni di anidride carbonica, dello sviluppo della ricerca,
dell’utilizzo di fonti alternative e di serie politiche di risparmio.
Condividiamo la presa di posizione in termini di rigore dell’assessore Dirindin,
in occasione della presentazione dei risultati di uno studio sui disturbi
respiratori dell’infanzia che vede a Portoscuso e a Sarroch i picchi più alti di
presenza di malattie come l’asma. Siamo stati in questi anni in prima fila nel
rivendicare con urgenza l’attuazione del piano di disinquinamento per il
risanamento del territorio del Sulcis – Iglesiente. Ma è vero che dobbiamo fare
molto di più. Il diritto alla salute è un valore assoluto e gli studi recenti ci
pongono di fronte a diverse emergenze: migliorare i sistemi di rilevazione e di
monitoraggio; diminuire i fattori di rischio legati alle lavorazioni industriali
esistenti e soprattutto future; accelerare i processi di risanamento del
territorio.
Il ruolo del nostro sindacato
“Una CGIL capace di rinnovarsi, fortemente radicata nel lavoro e nelle sue
trasformazioni, in grado di presidiare il territorio e orientarne lo sviluppo,
capace di stare in campo con un profilo autonomo e un alto disegno
programmatico, può davvero proporsi l’obiettivo ambizioso di misurarsi per
intero con la grande sfida culturale, istituzionale, politica e sociale che è
aperta nel paese: costruire nei fatti declinandola per intero, la centralità del
valore del lavoro e dei diritti.
Lo sciopero di otto ore del 2 dicembre ha visto 150.000 metalmeccanici
manifestare a Roma per rivendicare la firma del rinnovo contrattuale del biennio
economico scaduto da circa un anno. Ciò dimostra quanto sia stolta la politica
di Federmeccanica e il ruolo subalterno del governo nel non riconoscere 105 €
come recupero del potere d’acquisto più 25 € per la contrattazione aziendale. La
riuscita della manifestazione è la risultante di una ritrovata unità di FIOM –
FIM – UILM, con la quale siamo convinti che riusciremo a trovare un accordo
entro Natale.
Così come dicemmo diciotto mesi fa al nostro congresso, l’idea che individua il
contratto nazionale come strumento di ridistribuzione certa del reddito e di
recupero del potere d’acquisto è assolutamente giusta e va sostenuta.
Nella nostra realtà continuiamo ad essere presi dalle emergenze che ci vedono
impegnati nella difesa dell’esistente. Si continua il ricorso massiccio alla CIG
e alla mobilità riducendo sempre di più gli occupati, frutto di terziarizzazioni
di interi settori oltre che nei servizi anche nelle produzioni. Abbiamo cercato
di fermare l’uso improprio della CIG e della mobilità usati dalle aziende
d’appalto, imposti dalle committenti nel periodo di scadenza di contratto. C’è
un notevole tour – over di imprese che assumono i lavoratori messi in mobilità
da aziende costrette a rinunciare all’appalto perché non rientrano nei costi
imposti dalle committenti, godendo così degli sgravi fiscali. Questo meccanismo
che va sempre più estendendosi nel Sulcis e non solo, è un fatto intollerabile
che abbiamo denunciato con forza agli organi competenti perché vigilassero. Il
Governo deve mettere le imprese sarde nelle condizioni di non svantaggio
rispetto ai concorrenti in Italia e all’estero. Ci deve essere una sinergia fra
Governo e Confindustria, API e organizzazioni Sindacali con l’obiettivo di
definire un accordo per stabilire le politiche industriali e la gestione dei
cantieri con regole trasparenti e certe, esaltando e non mortificando le
professionalità dei lavoratori.
Per essere all’altezza delle numerose e complesse sfide che ci attendono nei
prossimi mesi, ribadiamo ciò che sostenemmo nel congresso precedente: la
necessità di un nuovo modello organizzativo del Sindacato, di grande utilità per
i lavoratori, capace di mettere assieme le diverse categorie di lavoro, capace
di rispondere alle mutate condizioni di produrre. Un modello organizzativo
flessibile e articolato, in grado di offrire una capacità di risposta rapida e
all’altezza dei problemi che di volta in volta emergono. Dobbiamo promuovere e
potenziare tutti i servizi atti a sviluppare la crescita culturale e sindacale
dei nostri iscritti, investendo sulle RSU e valorizzandone il ruolo,
identificando così nella rappresentanza elettiva, universale ed unitaria dei
lavoratori, una scelta di crescita della cultura democratica.
“I compiti e le funzioni del sindacato devono svolgersi e svilupparsi nella
pienezza della propria autonomia e in un quadro di relazioni sindacali certo ed
esigibile, con il complesso delle controparti chiaramente definito e regolato. A
questo punto è finalizzato da sempre l’obiettivo della CGIL di una legge sulla
rappresentanza e rappresentatività”.
La difesa della Costituzione
“La costituzione nata dalla resistenza, i suoi principi fondanti, i suoi valori,
la stessa centralità che assegna al lavoro, rappresentano un patrimonio che la
CGIL difende e difenderà dagli attacchi che già le sono stati portati attraverso
le modifiche in corso di votazione in parlamento i quali, per la loro vastità
intaccano e si riflettono anche sulla prima parte, quella relativa ai valori
fondanti”
La cosiddetta “Riforma” incrina il principio fondamentale di ogni moderna
democrazia: quello della separazione dei poteri e quello di uguaglianza di tutti
i cittadini
Vengono indeboliti gli organi supremi di garanzia come il Presidente della
Repubblica e la Corte Costituzionale, viene enormemente rafforzata, invece, la
figura del Premier padrone assoluto del Governo e della propria Maggioranza
parlamentare, per effetto del potere sostanziale di scioglimento della Camera.
L’attribuzione alle Regioni della potestà legislativa esclusiva nel campo
dell’assistenza sanitaria, dell’organizzazione scolastica, della polizia locale
pone le basi per violazioni del principio di eguaglianza dei cittadini, a cui
non sarà più garantita la parità di trattamento.
Come avvertono i costituzionalisti, questa Riforma non riguarda solo
l’ordinamento dello Stato, cioè la seconda parte della Costituzione (di cui
vengono modificati più di metà degli 80 articoli), ma si riflette sull’esercizio
dei diritti affermati nella prima parte, e già violati da questa Maggioranza
(diritto al lavoro, libertà di insegnamento e diritto all’istruzione
scolastica, ripudio della guerra, libertà di informazione, ecc.).
La Costituzione è la casa comune che ha consentito al popolo italiano negli
ultimi cinquant’anni di affrontare le tempeste della Storia, salvaguardando,
nell’essenziale, la pace, la libertà, i diritti fondamentali degli individui e
quelli delle comunità. Essa ha contribuito a formare l’identità nazionale, per
cui oggi non è possibile pensare al popolo italiano separato dai suoi istituti
di libertà, dal grande pluralismo dei corpi sociali, dalla distribuzione dei
poteri, dalla partecipazione popolare, dalla passione per il bene pubblico.
vogliamo riprendere le parole di Oscar Luigi Scalfaro, presidente del
Coordinamento nazionale delle iniziative per la difesa della Costituzione
“Contrasteremo con tutte le nostre forze questo tentativo di capovolgimento
assolutamente iniquo che la riforma costituzionale ci impone. Nella Costituzione
sono contenuti tutti gli apporti della nostra civiltà e della nostra
tradizione".
"Difendere la Costituzione e difendere la Pace è compito di tutti i cittadini.
Perché il popolo italiano è il maggior garante della Costituzione. Ogni
cittadino ha il dovere di difenderla fino in fondo. Perché tramite essa difende
l’uomo, la libertà e la pace. Dobbiamo sentire tutti questa responsabilità”.
Già sono sorti sul territorio nazionale Comitati di difesa della Costituzione e
fin da ora ci si sta preparando per il NO nel referendum confermativo che
inevitabilmente si dovrà svolgere perché il Centrodestra non è riuscito ad
ottenere i 2/3 dei voti del Parlamento necessari per l’immediata efficacia della
modifica costituzionale ai sensi dell’art. 138 della Costituzione.
Noi saremo in campo nel referendum confermativo della modifiche costituzionali
con l’obiettivo di abrogarle.
Care compagne e cari compagni,
sono ormai giunto a concludere questa mia introduzione, convinto di non essere
stato esaustivo di tutti gli argomenti che la CGIL ha posto nel documento
congressuale in modo puntuale e comprensibili, e che spesso ho citato.
Sono, altresì, consapevole di aver trascurato problematiche importanti di
carattere generale e in particolare del nostro territorio. Ho però la
convinzione che voi saprete nel dibattito congressuale colmare questo limite.
Posso però dire, senza gioire, che, seppure abbiamo pagato in termini
organizzativi, dall’ultimo Congresso, lo scotto del rinnovamento del gruppo
dirigente, possiamo affermare che la FIOM del Sulcis – Iglesiente è viva e saprà
essere all’altezza delle sfide che si troverà di fronte e dei traguardi che si è
posta.
La passione, l’impegno politico che tutti noi sapremo metterci renderà ancora
più forte la FIOM nel suo complesso.
Vi ringrazio tutti dell’attenzione e del lavoro che sempre ci avete garantito e
vi auguro BUON LAVORO
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